"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

Un problema di fiducia

C'è poca o nessuna fiducia nella magistratura, ci dicono oggi. Ed è vero. Forse perché non si è ancora ben intesa la linea di confine, di demarcazione, tra norma e giustizia, tra lex e ius. Concetti niente affatto sinonimi, spiegava già l'Aquinate. «La legge non è, propriamente parlando, il diritto medesimo, ma la norma remota del diritto» (Lex non est ipsum ius, proprie loquendo, sed aliqualis ratio iuris, S.Th., II-II, q. 57, a. 1, ad 2).

Senza scomodare il dottor Azzecca-garbugli, che la legge NON sia uguale per tutti lo scriveva anche Piero Calamandrei (Processo e democrazia, 1954). «"La legge è uguale per tutti" è una bella frase che rincuora il povero, quando la vede scritta sopra le teste dei giudici, sulla parete di fondo delle aule giudiziarie; ma quando si accorge che, per invocar la uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l'aiuto di quella ricchezza che egli non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria».


C'è poca o nessuna fiducia nella magistratura, dunque, oggi come oggi.

Ma, annotiamo noi, c'è anche poca o nessuna fiducia nelle istituzioni e nei politici.

Poca o nessuna fiducia nella scuola, negli insegnanti.

Poca o nessuna fiducia nei mezzi di comunicazione.

Poca o nessuna fiducia nella Chiesa e nei suoi rappresentanti, dell'Alto o del Basso clero.

Poca o nessuna fiducia nei padri e nei figli, nei commercianti, nei vicini di casa.

Come siamo arrivati a questo punto? È forse questo un altro di quei frutti avvelenati del Sessantotto che, partito con la demolizione dei vecchi schemi che fondavano l'ordine sociale, ha finito per far deragliare l'intero convoglio civile? Chissà.

«La parola fiducia più che esplicitare nasconde», scrive Francesco Varanini su Bloom! «Parla di un concetto sfuggente, dai confini particolarmente sfumati.

Fidare, fidarsi, fedele, fedeltà, fiduciario, federazione, fideiussione, fidanzamento…

In latino fiducia è astrazione dell’aggettivo fiducus. Per capire come si forma l’aggettivo possiamo guardare a due casi analoghi: da cado, caducus; da mando, ‘mastico’, manducus, ‘colui che mangia’, ‘il mangione’. Così da fido, ‘mi fido’, fiducus, ‘colui di cui mi fido’.

La fonte, l’espressione di riferimento, è in ogni caso il latino fides, astrazione dalla radice indeuropea bheidh, ‘fidarsi’. Di qui lo spagnolo , il francese foi, e tramite il francese l’inglese faith.

Il passaggio attraverso l’aggettivo fiducus avviene però solo in italiano. La difficoltà di trovare traduzioni precise nasce da questo peculiare passaggio dal latino al volgare. Ma più in generale è motivata dall’ampiezza del concetto.

Basta citare le possibili traduzioni inglesi. Belief, trust, reliance, assurance, credit, dependence, confidence. Vale la pena di soffermarsi in particolare su belief, trust, confidence.

Trust sta per ‘sicurezza’, ‘confidenza’. Ma il senso profondo dell’espressione ci è ricordato con più chiarezza da un’altra parola che condivide con trust l’origine: true. True è ‘vero’, ma nel senso di ‘fedele’, ‘degno di fiducia’. Deriva dal protogermanico trewwjaz, ‘in buona fede’, probabilmente dalla radice indeuropea dru (dereu), da cui anche tree, ‘albero’, nello specifico ‘quercia’, quindi: ‘fermo come una quercia’. Il tedesco Vertrauen, ‘fiducia’, ‘affidamento’, ‘confidenza’, ‘credito’, discende dalla stessa radice e insiste sulla stessa immagine. Possiamo tralasciare il prefisso ver e concentrarci su trauen, ‘fidarsi di qualcuno’. Anche il verbo trauen discende dalla radice dru (dereu): la fermezza, la robustezza della quercia.

Per cogliere il senso di belief, anche qui, possiamo tralasciare il prefisso be, e guardare al senso implicito in lief, che rimanda alla radice indeuropea leubh: ‘cura’, ‘desiderio’, ‘piacere’, ‘amore’. Da qui in latino libet e libido: idea di ‘piacere’ ‘essere gradito’; da qui anche il tedesco liebe e l’inglese love.

Belief significava nell’inglese delle origini ‘fiducia in Dio’, ‘cose vere per via di dottrina religiosa’; mentre faith significava ‘fiducia in una persona in base a un accordo o un impegno’. Ma quando a partire dal 1300 si prende a tradurre il latino religioso fides con faith, finché nel 1500 belief passa esclusivamente a significare ‘vero per accettazione mentale’.

Possiamo quindi citare l’espressione che in spagnolo, francese e inglese traduce nel modo meno impreciso fiducia: confianza, confiance, confidence. Espressioni derivate, come l’italiano confidenza, dal latino confidentia. Ma anche qui il senso è meno chiaro di quello che appare: si incrociano il senso del latino confidere ‘avere fiducia’, ed il senso del latino volgare fidere ‘porre fede’, da fidus, ‘fedele’. Avere fiducia -atteggiamento che confina con la speranza- è una cosa; essere fedele -a una idea già data, ad una guida- è un’altra. La confidentia è l’atteggiamento della persona confidens, ‘fermamente fiducioso’, fiducioso, potremmo dire, fino all’audacia. Confidentia ci parla di ‘fiducia’, ma anche ‘libertà eccessiva’.

Possiamo infine tornare a dire che la fiducia -modo di porsi, di atteggiarsi- rimanda ad un’antica virtù, celebrata da ogni religione, la fede. Dobbiamo anzi guardare a tre virtù che si tengono l’una con l’altra: fede, speranza e carità.

Carus -dalla base indeuropea ka, ‘piacere’, ‘desiderio’, nel senso amoroso (ritroviamo qui il senso profondo di belief)- è in latino ‘ciò che attrae’, ‘a cui si è affezionati’, ma anche ciò che è ‘di gran valore, e quindi ‘costoso’. Da carus, caritas – il cui senso si precisa nel latino ecclesiastico. Quando la classica traduzione latina della Bibbia -la Vulgata- si trova a dover restituire il senso del greco agape, evita amor -verbo di ampio senso: dal puro desiderio all’amore per il prossimo- e preferisce il meno usato caritas. Possiamo dire che non c’è fides senza caritas, non ci si può fidare se non mossi dall’amore.

La speranza ci appare ancora più strettamente connessa con la fiducia. La speranza ci parla di attesa, aspettativa di cose future. Ma la spes resta incerta, e questa incertezza mitiga l’eccesso di confidentia. Il filosofo Ernst Bloch ci ammonisce: “la speranza non è fiduciosa certezza”».