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Se questo è un prete

Il "cristiano indù buddista ebreo musulmano" cantato da Gianna Nannini in Radio Baccano è esistito davvero. Si chiamava Raimon Panikkar e, come disse lui stesso di se stesso, "sono partito cristiano, mi sono scoperto hindù e ritorno buddhista, senza cessare per questo di essere cristiano".

A dieci anni dalla morte, avvenuta il 26 agosto 2010, vi presentiamo un profilo di "don" Raimon per far capire fino a che punto si può spingere, e in effetti si è spinta, la dissoluzione del pensiero cattolico e dove porta l'imperativo dialogante. Lo facciamo a contrario, cioè attraverso la Laudatio di Raimon Panikkar Alemany durante la solenne sessione accademica della sua investitura a Doctor Honoris causa dell’Università di Girona presentata dal Prof. Josep-Maria Terricabras, padrino del nuovo dottore. Le sottolineature in neretto sono nostre.


È per me un onore poter esporre, oggi, in questa solenne sessione accademica, i meriti di Raimon Panikkar Alemany in occasione della sua nomina a doctor honoris causa della nostra Università. Raimon Panikkar è, senza dubbio, il pensatore catalano vivo più noto a livello internazionale. La sua vita e la sua opera provano, infatti, l’enorme portata tematica, geografica e linguistica del suo pensiero che presenterò ora in sintesi. 

Raimon Panikkar è nato il 3 novembre 1918 a Barcellona da padre indiano e hindù e da madre catalana e cattolica. Fin da bambino, dunque, poté adottare, coltivare e parlare di tradizioni diverse nelle quali non si è mai sentito estraneo e forestiero. Fu ordinato sacerdote nel 1946 anno in cui conseguì il dottorato in filosofia; nel 1958 ottenne la laurea in scienze, sempre all’Università di Madrid, e nel 1961 la laurea in teologia all’Università Laterana di Roma. È vissuto in India, a Roma (dove è stato libero docente dell’Università), e negli Stati Uniti. Nel 1966 fu chiamato ad Harvard in qualità di Visiting Professor e per tutto il periodo dal 1966 al 1987 alternò la sua docenza negli USA per un semestre con la sua ricerca in India. Dal 1971 al 1987 ha coperto la cattedra di Filosofia comparata delle Religioni all’Università di California, a Santa Barbara, di cui è ancora professore emerito. Nel 1987 è tornato in Catalogna e ha stabilito la sua residenza a Tavertet (Osona) dove ha continuato a tenere corsi, seminari e incontri su temi filosofici, religiosi, culturali e di approfondimento delle diverse tradizioni dell’umanità. Ha pubblicato una cinquantina di libri, per la maggior parte in catalano, castigliano italiano e inglese, tradotti in francese, tedesco, cinese, portoghese, cecoslovacco, olandese e tamil. A sua volta, nel corso di circa dieci anni, ha tradotto una antologia di mille pagine dei testi dei Veda.

Panikkar ha seguito una ventina di tesi di laurea di studenti di tutto il mondo, specialmente nel corso del suo soggiorno negli Stati Uniti. Sono state scritte sul suo pensiero una trentina di tesi di laurea alcune delle quali sono state pubblicate. Panikkar ha tenuto corsi nelle università di tutto il mondo e conferenze prestigiose come quelle della “Warner Lectures Series” e le “Gifford Lectures”. Ha collaborato al progetto dell’opera Classics of Western Spirituality (New York) che ha pubblicato sino ad oggi 76 volumi e all’opera Western Spirituality, che consta di 25 volumi, i cui tre ultimi sono sotto la sua direzione. Proprio in questi giorni è comparso il primo volume, in italiano, della sua Opera Omnia che si comporrà di venti volumi. É previsto che queste opere complete vengano pubblicate anche in altre lingue e, in primis, in catalano.

Oltre a questa vasta attività accademica, Panikkar è stato presidente del “Pipal Tree” (Bangalore). E’ fondatore e direttore del “Center for Cross-Cultural Religious Studies” (Santa Barbara, California) e di “Vivarium, Centre d’Estudis Intercultural” (Tavertet, Catalogna). Dal 1993 è anche presidente della Sociedad Española de Ciencias de las Religiones (Madrid). Nel 1960 è stato uno dei fondatori dell’ONG Pax Romana – con statuto consultivo alle Nazioni Unite- che difende i diritti e la dignità dell’uomo in tutto il mondo. Ha preso parte a numerosi colloqui internazionali dell’UNESCO e di molte altre società accademiche. In due occasioni è stato inviato speciale del governo indiano in missione culturale nell’America latina.

Nel corso della sua vita Panikkar ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui vanno citati sia i riconoscimenti internazionali (“Premio spagnolo di letteratura”, 1961), Creu de Sant Jordi de la Generalitat de Catalunya (1999), nomina a “Chevalier des Art set des Lettres” del governo francese (2000), Medaglia della Presidenza della Repubblica Italiana ( 2001) e Premio Nonino 2001 ‘A un maestro del nostro tempo’, oltre a quelli strettamente accademici (Dottore honoris causa dell’Università delle Isole Baleari (1997), della Facoltà di Teologia dell’Università di Tübingen e della Facoltà di sociologia dell’università di Urbino (2005). L’Università di California concede ogni anni un premio –“The Raimundo Panikkar Award in Comparatives Religiones”, allo studente laureatosi in filosofia delle religioni con le migliori valutazioni accademiche. Nella stessa università è attualmente allo studio la creazione di una cattedra a suo nome. Prestigiose riviste gli hanno dedicato numeri monografici e sono stati organizzati simposi e giornate per studiare la sua opera. Il prossim convegno internazionale si terrà dal 5 al 7 maggio 2008 a Venezia con il titolo “ Misticismo, Pienezza di Vita” in occasione dell’uscita del I° Volume dell’Opera Omnia (dallo stesso titolo).

L’enorme attività di Raimon Panikkar - qui appena accennata – deriva il suo significato profondo dalle idee e dalle vivenze che la ispirano. Nel corso di 30 anni ha mantenuto un intenso contatto con l’India dove si recò per la prima volta nel 1954. “Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindù e ritorno buddhista, senza aver smesso di essere cristiano”, ha detto di sé. Raimon Panikkar non è un pensatore convenzionale: egli, al contrario, infrange molti schemi, convenzioni e pregiudizi. La sua formazione intellettuale – fra Occidente e Oriente – gli consente di riflettere nella sua opera un dialogo filosofico costante tra tradizioni, ideologie e credenze diverse. La sua solida conoscenza della tradizione filosofica occidentale e le sue eccezionali conoscenze delle tradizioni filosofiche e spirituali dell’Oriente gli conferiscono le condizioni e una capacità per il dialogo interfilosofico e interreligioso assolutamente inusitate non solo fra di noi ma anche in ambito internazionale. In tempi in cui il pensiero orientale sta guadagnando fra noi terreno e adepti, la figura di Raimon Panikkar si distingue con la grandissima autorità di un referente esperto, rigoroso, profondo. La filosofia, sapere aperto costantemente alla riflessione dell’umano, trova in Panikkar un pensatore originale e senza complessi perché egli conosce ciò di cui parla e perché propone relazioni e accetta differenze che possono essere esposte e dibattute solo da chi le abbia vissute e comprese dall’interno di ogni tradizione. Panikkar, che ha peregrinato tanto, propone il pellegrinaggio come simbolo della vita ma non come la vita stessa, perché il pellegrinaggio deve essere non solo esteriore, ma anche interiore.

Proprio per questo egli accetta la supremazia della prassi, della vita, di una vita che si dispiega al momento, in ogni momento, e che è in grado di trovare l’universale nel concreto, nel particolare. “La mia aspirazione – ha confessato – non consiste tanto nel difendere la mia verità, quanto nel viverla”. Il suo pensiero, ispirato dal principio advaita (né monista, né panteista, né dualista), propone una visione dell’armonia, della concordia, che vuole scoprire “l’invariante umano” senza distruggere le diversità culturali che mirano tutte alla realizzazione della persona in continuo processo di creazione, di ricreazione. “Quanto più osiamo camminare per nuovi sentieri – ha detto – tanto più dobbiamo restare radicati nella nostra tradizione e aperti agli altri, i quali ci fanno sapere che non siamo soli e ci consentono di acquistare una visione più ampia della realtà.” Per Panikkar il dialogo è importante, ma non il dialogo puramente meccanico o informativo, bensì quello che lui chiama “dialogo dialogico” che porta a riconoscere le differenze ma anche quanto si ha in comune, che spinge alla fine ad una mutua fecondazione. Il dialogo non è per gli uomini un lusso, ma qualcosa di strettamente necessario. E il dialogo interreligioso ha un suo ruolo importante. Panikkar non intende questo dialogo come un dialogo astratto, teorico, un dialogo sulle credenze, ma come un dialogo umano in profondità nel quale si cerca la collaborazione dell’altro per la mutua realizzazione, dal momento che la saggezza consiste nel sapere ascoltare. La religione non è, per Panikkar, un esperimento ma un’esperienza, non una teoria ma un’esperienza di vita per mezzo della quale l’uomo - senza preoccupazione né ansia – partecipa all’avventura cosmica. Questo lo porta, per esempio, ad avanzare, la nozione di “identità”. In un’intervista gli fu chiesto: “Dove trova lei la sua identità?” La sua risposta è stata: “Perdendola, non cercandola: non volendo tenermi stretto ad una identità che non è stata ancora realizzata e che non è possibile trovare quindi nel passato perché sarebbe solo copia di qualcosa di vecchio. La vita è rischio; l’avventura è novità radicale; la creazione si produce ogni giorno, é qualcosa di assolutamente nuovo e imprevedibile.”

Con una visione concreta e anche globale dell’esistenza, Panikkar difende l’armonia tra gli uni e gli altri, la nostra con la natura, e, chiaramente, con noi stessi. Difende la sacralità della vita come secolarità sacra. Perché tutto è sacro, tutto è inviolabile, e denuncia come si sia perduta la sensibilità per la sacralità della materia. L’ecosofia è la nuova saggezza della terra. Ciò che è umano, ciò che è infinito o divino e ciò che è materiale, non sono tre realtà separate ma i tre aspetti di un’unica e stessa realtà. E’ questa la sua intuizione cosmoteandrica o teandropocosmica che rivela l’ambiguità e i limiti di ogni discorso strettamente scientifico o culturale.

Infine, ciò che ci ha portato alla patologia della sicurezza, che è l’ossessione odierna, è l’ossessione per la certezza. Ecco quindi che Panikkar raccomanda che la filosofia sia viva, vale a dire che ponga attenzione alla polisemia, all’ambiguità, all’apertura: perché potrà favorire la coscienza di libertà, solo se essa stessa si pone al di sopra di qualunque servitù, sia pure servitù razionale, razionalizzatrice. Panikkar non è certo un pensatore comodo perché non è sempre prevedibile, non è mai convenzionale, apre sempre nuove prospettive, nuovi dubbi, speranze e attese nuove. Questo ne fa un pensatore di verità, un maestro di pensiero e una persona saggia. E, come dice Cicerone, “sapiens beatus est”.

Non posso concludere questa presentazione senza rendere pubblico un gesto privato di grande generosità di Raimon Panikkar che ha voluto lasciare all’Università di Girona la sua impressionante biblioteca privata. In cambio della sua amicizia e generosità, posso fin d’ora garantire, solennemente, l’impegno di questa Università, che da oggi è la sua, di dare continuità a questo lascito per potenziarne e diffonderne il contenuto. Per molti motivi e per tutto questo propongo che si conceda e conferisca il titolo di doctor honoris causa a Raimon Panikkar.