"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

L'importanza dei lemmi e dell'aoristo

Il nostro è il tempo dei diseredati. Padri che non vogliono più essere padri, figli che non sono tali e rifiutano di diventare padri. Si è interrotta la catena di trasmissione. La terza guerra “mentale” ha prodotto una generazione di diseredati. Eredità dissipate dai padri, rigettate dai figli, in nome del “brave new world”, l’ammirevole Mondo Nuovo descritto da Aldous Huxley. Il mondo occidentale è sottosopra e non è affatto vero che abbia cancellato il mondo di ieri senza sostituirlo. Lo ha fatto: ha semplicemente, puramente rovesciato i fattori. Le nostre mamme rivoltavano i cappotti per farli durare di più, la modernità ha invertito tutto il resto. Il bene di ieri è il male di oggi e viceversa. Semiramide, la regina egizia, è il suo simbolo, una dissoluta che chiamò legge i suoi comodi. Libito fé licito in sua legge, dice il padre Dante, ex padre, nel mondo nuovo di orfani e diseredati.

Torce umane in segno di protesta

Da leggere e meditare, anche a distanza di un anno:

Quando una persona arriva a darsi fuoco per protesta vuol dire che intorno a sé non vede più nessuna forma di speranza, se non l’ultima, estrema: che non rimanga un gesto vano, ma serva di esempio, fornisca ad altri, soprattutto a quelli contro cui è rivolto, la possibilità di pensare, di riflettere.

Tra i primi, fu il fuoco del monaco buddista Thich Quang Duc, a Saigon, nel 1963, contro il regime sudvietnamita.

Cinquant’anni fa, il 16 gennaio 1969, l’estremo sacrificio di Jan Palach, in piazza San Venceslao, a Praga, per protestare contro l’invasione sovietica e il regime comunista cecoslovacco.

Rivoluzione russa firmata Putin

«Vladimir Putin ha annunciato i più radicali cambiamenti politici in Russia da almeno tre decenni» scrive Max Seddon da Mosca per il Financial Times. «La Costituzione cambierà in modo tale da poter vedere prolungare il suo ventennale regno anche dopo la scadenza del mandato nel 2024, mentre l'alleato di lunga data Dmitry Medvedev si è dimesso da Primo Ministro.

Quali sono questi cambiamenti?
Putin intende organizzare un referendum costituzionale per ridistribuire alcuni poteri della presidenza russa:
- Il Parlamento acquisirà maggiori poteri su gabinetto, giudici e servizi di sicurezza
- I futuri presidenti saranno limitati a due mandati complessivi in carica. Dovranno aver vissuto in Russia nei precedenti 25 anni e non avere avuto mai un passaporto o un permesso di soggiorno stranieri
- Il Consiglio di Stato, organo consultivo, acquisirà maggiori poteri

Questo o quello... per noi pari sono

Restaurazione contro Rivoluzione? Tradizione contro Innovazione? Antico contro Nuovo? Regresso contro Progresso?

L’idea peregrina di salvare Benedetto XVI per dannare Francesco I, o viceversa salvare Francesco I per dannare Benedetto XVI, trova molteplici teorici e interpreti, oltre lo sventurato comunicatore vaticano. Fioriscono anche gazzettieri e romanzieri della discontinuità, dell’interruzione, della sospensione, della frattura, della “rottura” tra i due pontificati. Ma è tutto il contrario, in realtà. E risulta impresa agevole constatare, tra Ratzinger e Bergoglio, una continuità, una coerenza, uno spirito comune, un’identica esperienza e coltura ecclesiale, un medesimo afflato, un’uguale navigazione (sia pure con diverse sensibilità e interpretazioni) sulla stessa rotta. Sono, Benedetto e Francesco, “gemelli diversi”: due lieviti nella stessa pasta, due facce della stessa medaglia, una coppia di pattinatori sul ghiaccio, i cuochi della stessa minestra riscaldata, un duo strumentale sul Titanic. Riassumiamo in alcuni punti.

Il principe è diventato ranocchio

"Gli idioti viziati Meghan e Harry non dovrebbero ottenere un centesimo in più da noi", commenta Dawn Neesom sul Daily Star.

«Bene, smettete di fare quello che state facendo e accettate di essere razzisti, xenofobi misogini che vorrebbero riportare indietro le lancette a quando era re Alf Garnett. Avete sempre odiato Meghan Markle perché è nera. E una donna. Oh, e ci ha rubato Harry. Sta succedendo un bordello su un'attrice americana che non solo ha dimostrato di avere superficialità nascoste ma anche il talento di trasformare il "principe" che ha trovato lì appostato in un ranocchio.

Non me ne frega niente se non rivedrò mai più il rossetto Ginger Whinger e la signorinella Little Miss Sparkle. Sono già scomparsi da soli, quindi il Canada non dovrebbe stupire granché. Però, tre cose.

L'idea di conservare le cose belle

Sir Roger Scruton (Buslingthorpe, Regno Unito, 27 febbraio 1944 - 12 gennaio 2020)



L’indole conservatrice è una proprietà acquisita delle società umane ovunque esse si trovino. Ma solo nei Paesi di lingua inglese — o, almeno, nella maggior parte di essi — esistono partiti e movimenti politici che si definiscono conservatori. Questo fatto singolare ricorda il divario enorme e poco noto che esiste fra i luoghi eredi della tradizione di uno Stato, come quello inglese, basato sulla common law e quelli che invece non ne sono eredi. La Gran Bretagna e l’America sono entrate nel mondo moderno accompagnate da una viva consapevolezza della loro storia comune. In seguito, nell’attraversare i traumi del XX secolo, i due Paesi si sono trovati schierati a fianco a fianco in difesa della civiltà che li univa e oggi, quando la Gran Bretagna, nel generale scontento del suo popolo, fa parte dell’Unione Europea, l’Alleanza Atlantica conserva tuttora un posto speciale negli affetti popolari, segno che gl’inglesi sono abituati a combattere per qualcosa di più grande dei loro comfort. E che cos’è questo qualcosa? Ai tempi di Margaret Thatcher (1925-2013) e di Ronald Wilson Reagan (1911-2004) la risposta a tale quesito si dava con una parola sola: libertà.

Libertà è però un termine che esige di essere contestualizzato: di quale libertà si parla? e come la si deve esercitare? quali sono i suoi limiti e la sua definizione?

In America è apparso un libro dedicato all’istituto medievale dell’habeas corpus, un ordine emesso in nome del re, che ingiungeva a chiunque detenesse uno dei suoi sudditi di rilasciare quella persona o di portarla in giudizio dinanzi a una corte reale. L’ininterrotta vigenza di questa prescrizione, sostiene l’autore, è alla base della libertà americana, in quanto ha reso il governo servo e non padrone del cittadino. In nessun luogo, tranne che nell’anglosfera, esiste qualcosa di equivalente all’habeas corpus e tutti i tentativi di limitarne l’estensione o gli effetti hanno scatenato fenomeni di rivolta nei popoli anglofoni. Questo istituto esprime nei termini più semplici possibili la relazione unica fra governanti e governati che si è creata nella common law inglese. Questa relazione fa parte della nozione conservatrice di libertà.

Nello spiegare e nel prendere le difese delle ragioni del conservatorismo, intendo dedicare dunque le mie osservazioni in primo luogo al mondo di lingua inglese, immaginando che il mio pubblico di lettori sia fatto di persone che concepiscono la condizione normale della società civile in termini di giustizia basata sulla common law, di democrazia parlamentare, di beneficenza privata, di senso civico e di “piccole squadre” di volontari, e che si tratti altresì di persone non ancora del tutto rassegnate a obbedire a un’autorità che decide dall’alto, come il Welfare State moderno, e ancor meno alle burocrazie transnazionali che si sforzano di assorbire quest’ultimo.

Vi sono due tipi di conservatorismo, uno metafisico, l’altro empirico. Il primo conservatorismo deriva dalla credenza nel sacro e dalla volontà di difenderlo contro la profanazione. Di questa credenza s’incontrano esempi in ogni momento della storia ed essa eserciterà sempre una forte influenza sulle vicende umane. Ci tornerò sopra nei capitoli conclusivi di questo libro. Ma per la maggior parte delle pagine che li precedono il mio interesse sarà rivolto a questioni più terra-terra. Nella sua manifestazione empirica, il conservatorismo è un fenomeno specificamente moderno, una reazione ai grandi cambiamenti scatenati dalla Riforma e dall’Illuminismo.

Il conservatorismo che io professo afferma che noi, in quanto collettività, abbiamo ereditato delle cose buone e dobbiamo sforzarci di conservarle. Noi, eredi della parte anglofona della civiltà occidentale, sappiamo bene che cosa sono queste cose buone nella condizione in cui oggi ci troviamo: l’opportunità di vivere la nostra vita come vogliamo; la certezza dell’imparzialità del diritto, che fa sì che le nostre istanze di giustizia trovino risposta e le offese subìte siano riparate; la tutela dell’ambiente come patrimonio di tutti e che non può essere espropriato o distrutto a capriccio degl’interessi dei potenti; una cultura aperta e viva, che ha plasmato le nostre scuole e università; il metodo democratico, che ci permette di eleggere chi ci rappresenta e di promuovere quelle leggi che vogliamo siano promulgate: queste e molte altre cose ci sono ormai familiari e le diamo per scontate.

Ma tutte queste cose sono oggi in pericolo e il conservatorismo è la risposta razionale a tale pericolo. Forse si tratta di una risposta che richiede doti di comprensione maggiori di quelle che la gente comune è disposta a dedicarle. Ma il conservatorismo è l’unica risposta alle realtà che oggi ci si prospettano: in questo libro cercherò di dire, quanto più succintamente mi riuscirà, perché sarebbe irrazionale darne una diversa.

Il conservatorismo nasce dal sentimento, che tutte le persone mature possono perfettamente condividere, secondo cui è facile distruggere le cose buone, ma non è facile crearle. Ciò è particolarmente vero per le cose buone che ci arrivano sotto forma di patrimonio collettivo: la pace, la libertà, la legge, la civiltà, il senso civico, la sicurezza della proprietà e della vita familiare. In ciascuno di questi àmbiti noi dipendiamo dalla collaborazione degli altri: non abbiamo alcun mezzo per conseguire da soli tali cose. Se distruggere queste cose è rapido, facile e anche divertente, il lavoro per produrle è, invece, lento, laborioso e noioso. Questa è una delle lezioni che il XX secolo ci lascia in eredità ed è anche uno dei motivi per cui i conservatori si trovano svantaggiati quando si tratta di rivolgersi all’opinione pubblica: la loro posizione è quella vera, ma ha la tendenza ad annoiare, mentre quella dei loro avversari appare avvincente, sebbene sia falsa.

Come conseguenza di questo handicap retorico, i conservatori spesso dipingono la loro causa usando i colori del lutto. Però, le lamentazioni travolgono tutto quanto si trovano davanti, come accadde nelle Lamentazioni del profeta Geremia (dopo 650-dopo 586 a.C.), proprio come la letteratura rivoluzionaria spazza via il mondo delle nostre fragili conquiste. E il lutto a volte è necessario: senza quella «elaborazione del lutto» descritta da Sigmund Freud (1856-1939) il nostro cuore non riesce a passare dalla cosa che si è persa alla cosa che la sostituirà. In ogni modo, però, gli argomenti conservatori non vanno proposti con accenti eccessivamente elegiaci. Non si tratta di quanto abbiamo perso, ma di ciò che abbiamo conservato e di come continuare a conservarlo. Ed è questa la tesi cui ho dedicato questo libro, che concludo con una nota più personale, con un commiato che proibisce il lutto.

Mi sono stati assai utili i commenti critici di Bob Grant, Alicja Gescinska e Sam Hughes. Non sarebbe stato possibile mettere i miei pensieri su carta senza l’ispirazione, lo scetticismo e, talvolta, l’ironia di mia moglie Sophie: dedico il risultato a lei e ai nostri figli.

Roger Scruton
Malmesbury (Wiltshire), gennaio 2014

IL MIO VIAGGIO

Non è cosa insolita essere un conservatore, ma è insolito essere un intellettuale conservatore. In Gran Bretagna, come in America, circa il settanta per cento degli accademici si definiscono “di sinistra”, mentre la cultura circostante si rivela sempre più ostile ai valori tradizionali e a qualsiasi accenno alle grandi conquiste della civiltà occidentale. Ai conservatori normali — e molte persone, probabilmente la maggior parte, rientrano in questa categoria — si dice continuamente che le loro idee e i loro sentimenti sono reazionari, pieni di pregiudizi, sessisti o razzisti. Il solo fatto di essere quello che sono viola le nuove norme inclusive e non-discriminatorie. I loro onesti tentativi di vivere secondo le loro idee, crescendo delle famiglie, partecipando alla vita della comunità, adorando i propri dèi e dotandosi di una cultura stabile e positiva, sono disprezzati e ridicolizzati dalla categoria dei lettori del Guardian. Negli ambienti intellettuali i conservatori devono quindi muoversi in silenzio e con circospezione, cercandosi l’un l’altro con gli occhi, guardandosi intorno nella stanza come fanno gli omosessuali nei romanzi di Marcel Proust (1871-1922), che quel grande scrittore paragonava agli dèi di Omero, noti solo l’uno all’altro, dal momento che essi si muovevano in incognito nel mondo dei mortali.

Noi, i presunti esclusori, siamo sollecitati a nascondere ciò che siamo per paura di essere esclusi. Io ho resistito a questa pressione e il risultato è stato che la mia vita è diventata assai più interessante di quanto avrei mai pensato sarebbe stata.

Sono nato verso la fine della Seconda Guerra Mondiale e sono cresciuto in una famiglia della piccola borghesia. Mio padre era un sindacalista e membro del partito laburista, il quale si chiedeva sempre se, diventando un insegnante di scuola elementare, avesse tradito le sue origini operaie. Perché la politica, agli occhi di Jack Scruton, non era altro che la prosecuzione della lotta di classe con altri mezzi. Grazie ai sindacati e al partito socialista, egli credeva che la classe operaia avesse cominciato a mettere all’angolo le classi alte, le quali sarebbero quindi state costrette a restituire i beni rubati al popolo. L’ostacolo principale a questo auspicato traguardo era il partito conservatore, un conglomerato di grandi imprese, palazzinari e aristocratici terrieri intenti a vendere il patrimonio del popolo britannico al miglior offerente per poi andarsene alle Bahamas. Jack si riteneva impegnato in una lotta perenne contro questo establishment, in nome dei contadini anglosassoni, i cui diritti originari erano stati depredati dai cavalieri normanni un migliaio di anni prima.

Era una storia che secondo lui trovava conferma nei manuali scolastici, nei libelli socialisti di William Morris (1834-1896) e di Harold John Massingham (1888-1952), nonché nella sua stessa esperienza di una infanzia vissuta nei quartieri poveri di Manchester, da cui era fuggito verso uno dei residui brandelli di Vecchia Inghilterra in prossimità del Tamigi. Lì, grazie a un corso intensivo di formazione per insegnanti, riuscì a sistemarsi e a sposare mia madre, che aveva conosciuto quando entrambi erano in servizio presso il Bomber Command della Royal Air Force durante la guerra. E il suo amore per la Vecchia Inghilterra crebbe in lui a gomito a gomito con il rancore verso gli aristocratici, che l’avevano fatta sparire. Credeva nel socialismo, ma non come dottrina economica, bensì come modo per restituire alla gente comune una terra che era sua.

(Estratto da: Roger Scruton, Essere conservatore, a cura di Oscar Sanguinetti)

Occhio ai soldi (nostri) in Libia

TRIPOLI, Libia (AP) - Quando l'Unione Europea ha iniziato a convogliare milioni di euro in Libia per rallentare la marea di migranti che attraversavano il Mediterraneo, i soldi sono giunti con le promesse dell’Ue di migliorare i centri di detenzione noti per gli abusi e di combattere la tratta di esseri umani.

Questo non è successo. Invece, la miseria dei migranti in Libia ha generato una rete fiorente e altamente redditizia di imprese finanziate in parte dall’Ue e rese possibili dalle Nazioni Unite, secondo un’indagine dell’Associated Press.

L’Ue ha inviato oltre 327,9 milioni di euro in Libia, con altri 41 milioni approvati all’inizio di dicembre, in gran parte canalizzati attraverso le agenzie statunitensi. L’AP ha scoperto che in un Paese senza un governo funzionante, ingenti somme di denaro europeo sono state dirottate verso reti intrecciate di miliziani, trafficanti e membri della guardia costiera che sfruttano i migranti. In alcuni casi, i funzionari delle Nazioni Unite sapevano che le reti della milizia stavano ottenendo i soldi, secondo e-mail interne.

Il calcio alla radio tra Omero e Brera

Sessant'anni fa nasceva Tutto il calcio minuto per minuto. Era il 10 gennaio 1960 quando il padre di tutti i radiocronisti, Nicolò Carosio, aprì i collegamenti alternandosi dalla sua postazione di San Siro con Enrico Ameri, in diretta dal Dall'Ara per Bologna-Napoli, e con Andrea Boscione che dava notizie di Alessandria-Padova. Tre gli ideatori del programma: Roberto Bortoluzzi, Guglielmo Moretti e Sergio Zavoli. All'inizio doveva essere soltanto una sperimentazione. Ascoltare le partite con la radiolina divenne invece consuetudine (maschile) italiana, ogni domenica. Nell'occasione, qui vogliamo ricordare Carosio con il necrologio che gli fece Gianni Brera su Repubblica (29 settembre 1984):

«Solido bevitore di vino e di whisky, Nicolò Carosio aveva minacciato di lasciarci da almeno quindici anni. Vi è riuscito ora, e quasi in silenzio. Aveva sconfitto la cirrosi con una disinvoltura sicuramente superiore a quella del radiocronista, che pure era grandissimo. Viveva ormai in disparte, travagliato da risentimenti sindacali che nessuno avrebbe mai osato supporre, in un calmo longilineo della sua stazza. Era siciliano (e la sua faccia lo garantiva) ma vantava una madre inglese: in un momento di confidenza ebbe a rivelarmi che era di Cipro, dunque soltanto suddita degli inglesi. La sua voce era tersa e priva di cadute isteroidi.

Riepilogo su Brexit, mossa storica

«Siamo a poche settimane da un incrocio immenso nella nostra storia» scrive Laura Kuenssberg, redattrice politica della Bbc, a proposito della Brexit. Indubbiamente ha ragione: il passo è importante, fondamentale, storico. Boris Johnson può godere di una maggioranza e di un sostegno fuori dall’ordinario, «è addirittura più potente di quanto non fosse Tony Blair dopo la sua vittoria a valanga». E se ancora sussiste qualche dubbio, non riguarda il divorzio ma - proprio come accade quando finiscono i matrimoni delle persone - le relazioni.

"Niente Orgasmus, siamo inglesi"

Si fa un gran parlare se la benedetta Brexit produrrà, tra i suoi frutti, anche la fine del famigerato progetto Erasmus in Gran Bretagna. Notizia che allarma e scandalizza chi non sa, chi finge di non sapere, chi dimentica di che stiamo parlando realmente. Ripassino per immemori e ignavi grazie a Paolo Becchi:

Il “Progetto Erasmus” è stato adottato dalla Comunità Economica europea verso la fine degli anni Ottanta, quando già si stava preparando “Maastricht” e l’Unione europea. Capitali e persone dovevano muoversi rapidamente, e perché non coinvolgere anzitutto giovani studenti universitari? L'”Europa del domani” doveva essere costruita sulla distruzione degli Stati nazionali e le loro culture, e il progetto Erasmus avrebbe contribuito a creare europei, al posto di italiani, francesi, spagnoli, tedeschi ecc. Come? Studiando Vico e Hegel o Goethe e Leopardi? No, semplicemente “scopando”? Insomma, l’Europa si sarebbe creata attraverso gli incontri erotici frutto di incontri Erasmus. Più che Erasmus, Orgasmus. “Scopate” in effetti ce ne sono state parecchie e anche più di un milione di “erasmini” sono nati, ma con il passare degli anni il fallimento del progetto degli Stati Uniti d’Europa ha trasformato il progetto Erasmus in una sorta di “naja”, come l’ha definita Paolo Borgognone, nella sua voluminosa opera “Generazione Erasmus” pubblicata nel 2017.

Esodo e foibe tra dolore e memoria

Che l’esodo sia uno dei drammi più ricorrenti nella storia dell’umanità lo testimoniano molte pagine non solo letterarie ma anche sacre. Dall’Esodo inteso come secondo libro de La Sacra Bibbia e come sura coranica (Al-Hashr) a quello istriano portato in scena in questi giorni dalla tournée di Simone Cristicchi, insomma, il passo non è propriamente breve.

Quasi mai gli epiloghi degli esodi portano alla terra promessa, molto più spesso avviano gli esuli ad una vita in esilio, per dirla con Enzo Bettiza. Tra gli esodi più dimenticati, controversi e ancor poco conosciuti c’è certamente quello dei 350.000 italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, consumatosi negli anni quaranta del secolo scorso (e non solo). Uno di quegli esodi in cui «la strategia esplicita della “pulizia etnica” si compenetra con la dottrina implicita della “pulizia culturale”»[1].

Svolta sinistra? La Croazia s'interroga

ZAGABRIA (AP) - I conservatori al governo in Croazia hanno dichiarato lunedì che analizzeranno come mai la loro candidata ha perso le elezioni presidenziali con uno sfidante di sinistra, in modo da evitare che ciò possa accadere di nuovo al prossimo voto parlamentare, alla fine di quest'anno.

"Lo scopo dell'analisi e delle sue conclusioni è di farci diventare più forti e di non ripetere alle elezioni parlamentari ciò che si è rivelato essere un difetto o un errore durante questa campagna", ha dichiarato Davor Bozinovic, ministro dell'Interno e storico componente del partito al governo, l'Unione Democratica Croata o HDZ. "Non stiamo cercando colpevoli, ma ragioni sul perché".

Club Med: una bufala che compie miracoli

I devoti delle apparizioni di Medjugorje citano spesso le Scritture in loro difesa: «Dai loro frutti li riconoscerete».

Sono passati 38 anni da quando le presunte apparizioni sono cominciate. Decenni di disapprovazione dalla gerarchia locale non sono bastati a reprimere l’entusiasmo nei confronti dei cosiddetti veggenti. Oggi la questione Medjugorje sembra ridursi a una domanda. Cosa conta di più: la verità sulle apparizioni, o i frutti spirituali di un luogo che attira ogni anno circa 3 milioni di pellegrini?


La necessità di rispondere a questa domanda è diventata più urgente da quando Papa Francesco ha deciso lo scorso maggio di revocare il divieto di pellegrinaggi diocesani… anche se con l’avvertimento perplesso che questo non può essere considerato come «un’autenticazione dei noti avvenimenti».

I devoti di Medjugorje hanno motivo di credere che la situazione stia cambiando in loro favore. All’inizio di agosto 2019, 14 vescovi (tra i quali diversi dignitari vaticani) hanno preso parte ufficialmente alla trentesima edizione dell’annuale Mladifest, il festival internazionale giovanile del santuario. Vi hanno partecipato circa 60mila ragazzi.

C’è una ragione per la quale le visite ufficiali erano in precedenza vietate. La Conferenza episcopale jugoslava si era pronunciata contro le presunte apparizioni nel 1991. Aveva il pieno sostegno del locale vescovo diocesano, Pavao Žanić di Mostar-Duvno. Tradizionalmente, questo avrebbe chiuso la questione e le apparizioni di Medjugorje sarebbero state liquidate come una bufala. Nel 2010, tuttavia, Benedetto XVI ha nominato una commissione per lo studio delle apparizioni, ma il Vaticano deve ancora emettere un giudizio formale.

La revoca del divieto segna un cambio di atteggiamento anche dal 2013, quando il Vaticano avvertì i vescovi americani che «ai chierici e ai fedeli non è consentito partecipare a riunioni, conferenze o celebrazioni pubbliche durante le quali la credibilità di tali “apparizioni” verrebbe data per assodata». Il primo istinto di Roma potrebbe essere stato quello giusto.

Nell'agosto 1987, il vescovo Žanić scrisse: «Sono sicuro che la Madonna non appare. Nessun miracolo. I “Messaggi” non possono essere della nostra Vergine. Sono frutto di artificio, frode e disobbedienza alla Chiesa. È pure una questione di grandi somme di denaro e interessi personali».

La disobbedienza alla quale il Vescovo fa riferimento è probabilmente quella dei locali frati francescani, che sono stati coinvolti nel fenomeno di Medjugorje proprio dall’inizio. Il “caso erzegovino” è una disputa di lunga data nella diocesi di Mostar, dove si trova Medjugorje. Per ragioni storiche, i sacerdoti francescani hanno supervisionato la maggior parte delle parrocchie in quel territorio. Hanno risposto direttamente ai loro provinciali piuttosto che a un ordinario diocesano. Però man mano che la gerarchia regolare si è consolidata, ha cercato di riassegnare le parrocchie al clero secolare. Quello che ne è seguito è stata una guerra territoriale in piena regola.

Nel 1975, la Santa Sede ha decretato in merito alla divisione delle parrocchie e provveduto all’istituzione di una nuova parrocchia della cattedrale a Mostar, prendendo a tal fine il territorio di diverse parrocchie francescane. Numerosi francescani hanno sfidato il decreto e hanno fatto tutto il possibile per farlo deragliare.

Poi, nel 1981, sono state riportate le prime apparizioni a Medjugorje, con i francescani ribelli che fungevano da guide spirituali per i veggenti. Il vescovo Žanić racconta come, pochi giorni dopo la prima presunta apparizione, un superiore francescano di nome P. Nikola Radić gli disse: «Un frate di Široki Brijeg ha fatto il suo ingresso e ha detto che Nostra Signora è apparsa a Medjugorje e… lei ha detto che i frati hanno ragione!».

Il vescovo Žanić si è preso del tempo per esaminare le apparizioni, intervenendo perfino per proteggere i veggenti dall’antireligiosa polizia comunista. Tuttavia, è divenuto preoccupato delle incongruenze e delle falsità nei resoconti dei veggenti, e si è presto convinto che i messaggi della Madonna non potevano essere autentici. Per esempio c’era la presunta difesa, da parte di Nostra Signora, di P. Ivica Vego, OFM - che, con altri frati ribelli, aveva messo sotto sequestro un certo numero di cappelle nell’area appartenente alla nuova parrocchia della cattedrale.

«La Madonna ha detto che il vescovo Žanić è responsabile dell'intera confusione riguardante P. Ivica Vego», ha scritto la veggente Vicka nella sua Agenda il 19 dicembre 1981. Questo è stato il primo dei 13 casi nei quali la Madonna avrebbe dichiarato P. Vego innocente da trasgressioni. Non molto tempo dopo, lo scandaloso stile di vita di P. Vego è diventato pubblico e lui è stato dimesso dallo stato clericale - una storia che si sarebbe ripetuta anni dopo, purtroppo, con il direttore spirituale dei veggenti, P. Tomislav Vlašić.

E questo è soltanto l’inizio. “Gospa”, come i devoti di Medjugorje chiamano la Madonna, ha commesso alcuni evidenti errori teologici - inclusa la sua presunta affermazione che tutte le religioni sono uguali. Poi c’è lo strano comportamento sul versante dell’apparizione, come quando si lascia gestire fisicamente. I veggenti sembrano controllare dove appare, come quando la veggente Marija Pavlovic si è resa disponibile con l’americana Terry Colafrancesco, che le aveva chiesto di avere una visione della Madonna sotto un pino nel suo campo. (In effetti, la no-profit di Colafrancesco, Caritas di Birmingham, ha poi trasformato il campo in un luogo di pellegrinaggio di successo e in un centro promozionale, registrando un’entrata annua di 2,6 milioni di dollari nel 2017).

Nel 2008, l’esorcista vescovo Andrea Gemma ha dichiarato: «A Medjugorje tutto accade per motivi di denaro: pellegrinaggi, pernottamenti, vendite di oggettistica». È «una miscela di interessi personali e diabolici: i falsi veggenti e i loro aiutanti stanno intascando soldi, e il Diavolo crea discordia tra i fedeli e la Chiesa». In effetti, la strada dei veggenti a Medjugorje, secondo l’autore Joachim Bouflet, è cinicamente conosciuta dalla gente del posto come «la coda del milionario».

Una delle veggenti, Mirjana Dragičević, ha recentemente fatto notizia quando qualcuno ha versato illegalmente una colata cemento per pavimentare la spiaggia in una lussuosa villa sull’isola croata di Hvar. Total Croatia News ha riferito il 31 luglio 2019 che sono lei e suo marito i proprietari registrati al catasto. Interrogata in proposito, lei ha risposto: «Quale casa? Quale spiaggia? Quale cemento? Questa è la prima volta che ne sento parlare. Non è vero e non mi abbasserò a quel livello e a commentarlo».

Quando il divieto di pellegrinaggi è stato revocato nel maggio 2019, il Vaticano ha affermato che lo stava facendo anche a causa della «particolare attenzione pastorale che il Santo Padre intendeva dare a questa realtà, volta a favorire e promuovere i frutti del bene». Ma quali bisogni “pastorali” vengono incoraggiati se le visioni sono una bufala, come tutte le prove disponibili suggeriscono che siano?

Basta chiedere al vescovo Žanić. «L’argomento più comune dei difensori di Medjugorje è che i frutti… dimostrano che la Madonna sta apparendo là», ha scritto nella sua dichiarazione del 1990 La verità su Medjugorje. «Coloro che ne sanno un po’ di più… dicono: I frutti dei più tenaci difensori di Medjugorje dimostrano che essi stessi non credono alle apparizioni».

Ci sono 50 confessionali, migliaia di conversioni, 700 vocazioni, 3 milioni di pellegrini - tutte cose meravigliose. Ma hanno la priorità sulla verità?

«So che probabilmente ci saranno molte anime sinceramente pie che mi fraintenderanno e mi considereranno un nemico della Madonna. Sono stato molte volte a Lourdes e in altri santuari di apparizioni che la Chiesa ha riconosciuto» ha scritto tristemente il vescovo Žanić. «Quello che sto facendo è difendere la verità, difendere la Chiesa e prego Dio di poter rinunciare alla mia vita per questo».

Dalle loro priorità li riconoscerete - e quelle del vescovo Žanić sembrano impeccabili.

(Jane Stannus, Crisis Magazine)

L'aggressione al giornalismo serio

La notte di San Silvestro, nella veneziana piazza San Marco, tra il caos e i bagordi del Capodanno, l'ex deputato di Articolo Uno Arturo Scotto è stato aggredito. Episodio vile, barbaro, schifoso: ingiustificabile sempre, senza se e senza ma. Ha però scatenato quel tipico giornalismo indignato a gettone - un tanto al kilo, in offerta speciale, in saldo e così comune a quei tesserati devoti che partecipano a tutti i corsi di rieducazione informativa e indottrinamento giornalistico dell'Ordine - che, oltre a scatenare parecchi dubbi e un lungo elenco di perplessità, merita qualche riflessione.


L'ex Parigi-Dakar si corre con il casco

Dopo i campionati mondiali di atletica leggera in Qatar e i Mondiali di calcio che si terranno lì nel 2022 sotto un sole giaguaro, la corsa al denaro continua nei campi petroliferi del pianeta.

È così che il rally Dakar, ex Parigi-Dakar esiliato per undici anni nei deserti delle Ande, partirà, il 5 gennaio, da Gedda, in Arabia Saudita. Cambio di sabbia, quindi. In programma, salita lungo il Mar Rosso da Al Wajh e Neom, poi direzione Riad e giro, nel sud del paese, da Wadi ad-Dawasir e Shubaytah prima del traguardo di Qiddiya.

Blah, dicono i dilettanti, finché guidiamo nel deserto, dov'è il problema?

Il problema è che, con il pretesto dello "sport che non fa politica", perdoniamo, in nome del denaro, le peggiori dittature del pianeta. Finché pagano, eh, perché porre domande?

Iran che abbaia non morde (di solito)

Ecco chi alimenta le paure. "Dinamite in una polveriera" l'uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani da parte degli Stati Uniti? Macché, semplice promemoria che se si gioca con il fuoco si finisce bruciati. "Il mondo ora ha paura", titolone di Repubblica? Fake news, l'ennesima. Si facciano avanti, e gli facciamo vedere chi trema e che bella lezione di forza siamo in grado di impartire a questa gente che sfrutta e tiene sottomesso un popolo, psicologicamente e fisicamente. Timori zero, altro che balle.

Facciano pure la voce grossa, aizzino le piazze. «C'è anche la possibilità, tra tutte le terribili previsioni, che l'Iran non faccia nulla, almeno per ora». Non lo diciamo noi, ma una ben informata nota dell'agenzia AP.

Grazie Alexa, ma fatti i casi tuoi

Articolo di Geoffrey A. Fowler per il Washington Post:

“A tutto gadget” è stato a lungo l’atteggiamento in casa mia. Forse nella vostra, pure: uno smartphone ha reso più facile restare in contatto. Una smart tv ha trasmesso in streaming oltre un milione di spettacoli. Uno smart speaker vi consente di dialogare con un termostato intelligente senza alzarvi dal letto. Questo è progresso, vero?

Adesso ho un nuovo approccio: non è soltanto quello che posso ricavare dalla tecnologia, voglio sapere che cosa la tecnologia ricava da me.

L’anno passato mi sono messo sulle tracce della vita segreta dei nostri dati. Che succede quando mettete il vostro iPhone a riposo la notte? Alexa di Amazon ascolta di nascosto la vostra famiglia? Chi può sapere dove guidate e dove strisciate la vostra carta di credito?

Lo schiaffo e quello che non si dice

Umano, troppo umano. Questa la versione patinata, edulcorata, abbellita con la quale i media interpretano lo schiaffo e la faccia feroce di Papa Francesco: reazione (spropositata, quantomeno, e proprio a poche ore da un bel discorsetto sul rispetto dovuto alle donne) a una fedele che tentava di trattenerlo. Ma forse l'episodio può essere spiegato diversamente. Forse.

«Un mio amico giornalista, in privato mi ha chiesto e osservato: “Non è che qui stiamo tutti a parlare degli schiaffi di Bergoglio, del suo carattere, delle sue malattie, delle sue scuse, della sicurezza che ha fatto buco, facendo ironia o peggio, scomodando addirittura la magia, vivendo solo sulla reazione, portando un giudizio o una posizione per reagire agli eventi, e non abbiamo compreso la vera notizia che potrebbe essere stata una vibrata protesta di una donna di Hong Kong fatta al Papa e lui non se la fila? Cosa che in altri tempi avrebbe riempito i media mondiali e non con delle ridicoli analisi da moviola. Insomma l’aspetto politico della cosa pare evidente”. Guardando oltre il gesto per cui il Papa si è scusato, la domanda di evidente interesse giornalistica da porre sarebbe: “Cosa ha detto quella signora al Papa con tanta insistenza? Era cinese?”. Invece, nessuno dei media se ne è preoccupato di saperlo. Si sta cercando di buttarla con il Papa umano di fronte alla pazzoide di turno», nota Korazym.

Cronache marziane: Kunt a Roma

Alla fine dell'anno 2019, in un messaggio alla Nazione molto elogiato, il Presidente della Repubblica italiana invitava i concittadini a guardare il proprio Paese da una prospettiva estranea, forestiera, straniera.

Diceva Sergio Mattarella: "Mi è stata donata poco tempo fa una foto dell'Italia vista dallo spazio. Ve ne sono tante sul web, ma questa mi ha fatto riflettere perché proviene da una astronauta, adesso al vertice di un Paese amico. Vorrei condividere con voi questa immagine. Con un invito: proviamo a guardare l'Italia dal di fuori, allargando lo sguardo oltre il consueto. In fondo, un po' come ci vedono dall'estero. Come vedono il nostro bel Paese, proteso nel Mediterraneo e posto, per geografia e per storia, come uno dei punti di incontro dell'Europa con civiltà e culture di altri continenti. Questa condizione ha contribuito a costruire la nostra identità, sinonimo di sapienza, genio, armonia, umanità".

Nell'occasione, seguendo l'invito presidenziale, un gruppo di anonimi ossevatori di un semisconosciuto blog, Il Richiamo della Redazione, rilevava quanto segue.