Dunque i Rolling Stones vogliono impedire a Trump di usare nei comizi il loro brano You Can't Always Get What You Want. Dunque siamo all'arteriosclerosi, alla vecchiezza ideale, al rincoglionimento cronico, al rinnegamento dei loro valori fondativi. Lasciateci spiegare perché.
Donald Trump e Mick Jagger |
Primo: c'è gente che predica il rock come libertà. Libertà, liberazione, anarchia, balle che girano, pietre che rotolano. Che bello, che aria pura. Poi scopri che è tutta gente legata per filo e per segno alle regole, alle sbarre, ai limiti, ai contratti, alle clausole, alle noticine, agli avvocati, ai diritti, al "ti denuncio"... Sì sì, tutto stralegale: secondo Deadline, la campagna di Trump ha un'autorizzazione BMI (Broadcast Music, Inc., una delle cinque principali organizzazioni USA di licenze musicali) per attingere da un patrimonio di 15 milioni di canzoni da poter eseguire in pubblico, però se un artista ha qualcosa da obiettare bisogna proprio escluderlo. Ottimo. Ma da artisti figli dei Sessanta, e dei Settanta, che criticano i vincoli, i limiti e le restrizioni, ne converrete, non è granché. Predicano bene e razzolano male. Peggio dei preti.
Secondo: noi abbiamo qui la convinzione che un'opera d'arte, una volta congedata dal suo creatore e pubblicata, appartenga alla collettività (salvi, naturalmente, i diritti d'autore). Può far piacere oppure meno che, per dire, Il diario di Anna Frank venga letto con commozione a un incontro per fare memoria della Shoah o con altri scopi, magari dileggiatori, a un raduno neonazista. Eppure nessuno può impedire neppure a questi di prendere in mano un tale libro e di leggerlo. Per una canzone dovrebbe essere lo stesso. Fa parte di un patrimonio artistico, spirituale, che è di tutti. Per quali scopi io l'ascolti, quali sentimenti mi susciti (magari, come accade per le poesie, e i testi musicali sono anche poetici, totalmente differenti da quelli di chi l'ha scritta) non è più materia né competenza dell'autore. Vi sta antipatico Trump? Legittimo. Ma la vostra musica, questo deve essere chiaro, la possono ascoltare gli anti-Trump e pure i suoi sostenitori più sfegatati. Non sta a voi - che l'avete incisa, composta e resa pubblica, cioè di tutti - decidere in merito.
Terzo: abbiamo l'impressione che non sia in discussione un fatto musicale, artistico. No, qui siamo alla politichetta da avanspettacolo, alla logica dello schieramento, al gioco infantile di chi è buono e chi è cattivo, al fatto che un nutrito gruppo di artisti (gli Stones come i Panic! At The Disco per High Hopes, Neil Young per Rockin' in the Free World, Michael Stipe per It's the End of the World), liberissimi ovviamente di avere le loro opinioni politiche e di esprimerle, si siano però messi in mente di entrare di peso in campagna elettorale, di favorire un candidato piuttosto che un altro. Bisognerebbe avere il coraggio di dirlo pubblicamente, allora. Senza vergogna. Come fanno i giornali americani quando praticano l'endorsement. "Votiamo democratico. Ci piace quel mezzo calzino bollito di Biden. Appoggiamo le sue idee debolucce. Gli versiamo anche qualche dollarino per sostenere la sua campagna elettorale sperando poi di ottenere qualcosa in cambio se dovesse accomodarsi sulla poltrona dello Studio Ovale: un titolo honoris causa che non si nega più a nessuno, una medaglietta al valore, un concertino alla Casa Bianca. Ah no, Casa Bianca non si può più dire, è razzista. La chiameremo prossimamente Casa Arcobaleno. Anche la L'Oreal ha del resto deciso di non fare propaganda alle creme sbiancanti per la pelle perché suona come un'offesa se uno ce l'ha brunita".
Ecco, un po' di sana chiarezza. Come Brendon Urie dei Panic! At The Disco che nei confronti del presidente americano Donald Trump (piaccia o no, è lui in carica) ha twittato con la consueta buona educazione: "Vaffanculo".
Che poi, a dirla tutta, l'abbondante e rabbiosa reazione avversa di questi musicisti anarcoidi (ex) e libertari (ex), molto a loro agio tra incartamenti e firme in calce e studi legali e clausole di salvaguardia, non è detto che raggiunga il risultato auspicato. Può far accadere, com'è molto probabile, esattamente il contrario.