"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

Balistica o ballistica?

Comprendiamo quei furboni della grande casa editrice Simon & Schuster, che sparano colpi contro il presidente Trump per scalare classifiche librarie e vendere volumi (è il loro mestiere): le memorie dell'ex consigliere alla Sicurezza John Bolton, le confidenze della nipote Mary Trump, la biografia non autorizzata di Melania firmata dalla giornalista del Washington Post Mary Jordan. Comprendiamo un po' meno quando alla balistica si sostituisce la ballistica.

Le copertine dei tre libri di "rivelazioni scottanti"

Gli americani apprezzano così tanto la memorialistica da farla giungere alle più alte vendite? Perfetto, affari loro. Anche se viene osservato da più parti, compreso la nostra, che in genere si tratta di opere care (nel rapporto qualità-prezzo) e che solitamente promettono più di quanto mantengono. Altro che "rivelazioni scottanti"! Pagine pallosissime, indigeribili, scritte in burocratese, con una sintassi di frasi lunghe e complesse, piena di subordinazioni, ipotassi, riprese e iterazioni paratattiche. Due palle, insomma.

Trovarvi una notizia è facile come reperire il famoso ago nel pagliaio. Vi riescono soltanto certe agenzie di informazione, certi giornaloni, quando ben imbeccati dall'editor, dall'agente, dalla consulente editoriale che sul libro ha sudato davvero, più dell'autore.

A parte questo, il libro di Bolton, per dirne uno, è già stato beccato in flagrante. A raccontare, stiamo leggeri, imprecisioni. Che altro aspettarsi da una pubblicazione che tutti percepiscono per quello che realmente è, cioè un atto di revenge porn, di pornovendetta del "rivelatore" per essere stato messo alla porta senza troppi complimenti?

In un estratto del volume, anticipato mercoledì dal Wall Street Journal, si può leggere qualcosa sul presunto atteggiamento politico di Donald Trump nei confronti della Cina, compresa la controversa accusa che il presidente americano avrebbe chiesto al presidente cinese Xi Jinping una mano per rivincere le elezioni quest'anno e che avrebbe "benedetto" i campi di concentramento che la Cina stava edificando per i musulmani  Uiguri nella provincia dello Xinjiang. Lo avrebbe fatto nel giugno 2019. Peccato che l'amministrazione Trump avesse già espresso la sua forte condanna per queste strutture nel luglio 2018.

Chissà quante altre balle cercano e cercheranno di farci ingoiare. Anche a colpi di censura. Per Twitter, Facebook e compagnia sociale la libertà di pensiero e di esprimere un'opinione è ormai diventata facoltativa.

Leggere, in proposito, quanto fa notare Claudio Messora di Byoblu: Per Youtube il Parlamento italiano viola le Norme della Community. Ecco il testo:

***
Cari italiani, il 14 maggio – come tante altre volte abbiamo fatto per tanti altri eletti – abbiamo caricato sul nostro canale Youtube le riprese del discorso dell’Onorevole Sara Cunial alla Camera dei Deputati del Parlamento italiano. Ci teniamo a sottolineare “Onorevole”, “Camera dei Deputati” e “Parlamento italiano”, perché sono i luoghi sacri della democrazia del nostro popolo. I cittadini che si trovano al loro interno sono i vostri rappresentanti e godono di immunità totale rispetto alle opinioni e alle idee espresse in aula, proprio perché nel tempio della democrazia il popolo officia il rito più sacro di tutti: si esprime, dibatte, si confronta. Le istituzioni sono emanazione diretta della nostra Carta Costituzionale e dunque non vi è nulla di più sacro, se non i cittadini stessi, ai quali l’articolo 1 attribuisce la sovranità di quella che (non a caso) è una “Repubblica parlamentare”.

Siamo abituati ormai al nuovo corso della gestione di Youtube, che rimuove video perfettamente legali, educati, civili, in linea con le leggi vigenti sulla stampa, contenenti interviste a scienziati o ricercatori universitari, a capo di gruppi di lavoro nei nostri atenei, solo perché non si limitano a ripetere a pappagallo le linee guida dell’OMS, che peraltro spesse volte si è contraddetta. Quell’OMS di cui il finanziatore più influente è Bill Gates (chiamato in causa dal discorso di Sara Cunial). Negli ultimi due mesi ce ne siamo visti oscurare ben sette!

Mai e poi mai, tuttavia, avremmo pensato che un giorno Youtube sarebbe arrivata a rimuovere il discorso in aula di un deputato della Repubblica italiana, con la motivazione che “Viola le Norme della Community“! Un discorso già tradotto in molte lingue e condiviso da molti altri cittadini del mondo.

Potete pensarla come volete su quello che Sara Cunial ha detto in aula: che è stata coraggiosa o che ha esagerato. Quello che però non dovete accettare, come cittadini italiani, è che una multinazionale straniera che opera sul suolo italiano si permetta di dire che il discorso di un Deputato della Repubblica italiana “viola le norme” della loro “community” (innanzitutto che la chiamassero comunità, visto che stanno parlando in italiano).

Se il popolo sovrano che si esprime nell’aula parlamentare viola le norme di una azienda straniera, quella azienda straniera implicitamente sta violando le norme della nostra democrazia. Non capire questo, vale tanto quanto abbandonare ogni forma di rivendicazione dei diritti, perché equivale a riconoscere che il nostro Parlamento può essere sfregiato, disonorato, umiliato e che tutto questo sia assolutamente normale.

Provate voi ad andare in America e aprire una società dove dite che la Costituzione americana o il Congresso violano le norme che vi siete dati. Vi cacciano a calci in culo dieci minuti dopo, non prima di avervi stordito con il taser e portati via in manette. E fanno anche bene!

Faccio una domanda ai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, non senza rivolgermi parimenti al Presidente della Repubblica: è accettabile che le istituzioni di cui cui voi siete garanti, nell’esercizio delle loro funzioni siano giudicate incompatibili con le “Norme” che si dà una società privata straniera che opera sul nostro suolo? E se non lo è, non trovate allora doveroso levare più che una semplice voce di protesta, chiamando i responsabili aziendali a riferire in aula, come è stato costretto a fare Mark Zuckerberg di fronte al Congresso americano, per spiegare se ritengono che i lavori dell’assemblea, cioè le nostre regole democratiche, siano o meno compatibili con gli interessi aziendali perseguiti dalla loro società? 

Se non lo fate, il prossimo discorso che un social network oscurerà potrebbe essere il vostro, magari quello del Presidente del Consiglio, se non a lor signori non aggrada (del resto, Twitter si permette di correggere i messaggi del Presidente degli Stati Uniti d’America), oppure addirittura quello del Presidente della Repubblica stesso.

Abbiamo spesso sentito dire la frase “ci sarà pure un giudice a Berlino!“, riferendosi a una giustizia non imparziale o corrotta, ma oggi io vorrei riformularla così: “ci sarà pure un politico in Parlamento!“. Perché se c’è, oggi è quel giorno in cui dovrebbe parlare.