"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

Scopare non è fare pulizia

Non lo dicono più, è diventato tabù. Le agenzie educative (quel che resta della famiglia, della scuola, della chiesa, della televisione...) sorvolano sempre. Esaltano le magnifiche sorti e progressive di quel totem contemporaneo che è diventato il preservativo. Ma esiste un modo più sicuro, salutare e infallibile per non beccarsi una di quelle tanto temute malattie sessualmente trasmissibili o per non trovarsi a fare i conti con una gravidanza indesiderata. Costa niente, in soldi contanti, un po' invece in spirito di sacrificio. È l'astinenza dal sesso. Basta non farlo, e tutto è risolto. Missione impossibile?
Ecco che appuntava Tolstoj nel Poscritto alla Sonata a Kreutzer (potrebbe essere roba di ieri, o del famigerato Sessantotto, invece venne fuori a fine Ottocento): «Ho inteso dire, in primo luogo, che nella nostra società è venuta a formarsi la salda convinzione, propria a tutte le classi, e sostenuta anche da una falsa scienza, che i rapporti sessuali sono una cosa necessaria alla salute, e che, essendo il matrimonio un atto non sempre possibile, i rapporti sessuali all'infuori del matrimonio, i quali a null'altro impegnano l'uomo se non a un compenso in danaro, sono cosa del tutto naturale e devono perciò essere incoraggiati. Questa convinzione è ormai talmente comune e radicata, che i genitori, per consiglio dei medici, approntano essi stessi quanto occorre a corrompere i propri figli, e i governi, il cui unico obiettivo dovrebbe consistere nella cura della prosperità morale dei cittadini, organizzano la corruzione, dettano una regolamentazione a tutta una categoria di donne che sono costrette a perdersi fisicamente e moralmente per la soddisfazione dei pretesi bisogni degli uomini; e la gente non sposata si abbandona al vizio con coscienza perfettamente tranquilla.

«Ho inteso appunto affermare che ciò è male, in quanto non si può ammettere che, per la salute di un certo numero di persone, sia necessario perdere corpo e anima di altre, così come non si può ammettere che, per la sanità di alcuni uomini, sia necessario bere il sangue di altri.

«La conclusione, dunque, che mi sembra naturale di trarne è che non si deve cedere a questo errore, a questo inganno. E per non cedere, bisogna innanzitutto non prestar fede a dottrine immorali, da qualunque pretesa scienza siano esse sostenute; e secondariamente rendersi conto che l'intrattenere una relazione sessuale, ove gli uomini o si liberino delle possibili conseguenze, i bambini, e scarichino tutto il peso di tali responsabilità sulla donna, oppure prevengano il rischio della nascita dei figli, una tale relazione sessuale è una trasgressione alle più elementari esigenze della morale, è una viltà, e perciò gli uomini non sposati che non vogliono vivere nella viltà non devono assolutamente comportarsi in tal modo.

«Per potersi astenere, essi devono, oltre a condurre una vita sana, non bere, non ingozzarsi soverchiamente, non mangiar carne, non evitare il lavoro (non intendo la ginnastica, ma un lavoro che stanchi, non che sia solo un divertimento), non ammettere tra i propri pensieri la possibilità di relazioni con donne estranee, con le parenti e con le mogli degli amici, così come ogni uomo non ammette la possibilità di una sua relazione con la madre o con le sorelle.

«Le prove, poi, che l'astinenza è possibile, e anzi è meno pericolosa e dannosa alla salute che non l'intemperanza, ogni uomo potrà trovarle attorno a sé a centinaia.

«Ciò, in primo luogo.

«In secondo luogo ho inteso dire questo: nella nostra società, in seguito al modo di considerare le relazioni amorose non soltanto come una condizione indispensabile alla salute, ma anche come un bene poetico ed eletto della vita, l'infedeltà coniugale è divenuta in tutte le classi sociali (e segnatamente in quella dei contadini, in grazia della durata della ferma militare) un fatto abituale; e io ritengo che anche questo sia un male.

«Se ne trae la conclusione, che ciò non va fatto: e per non far questo, dovrebbe modificarsi la maniera di considerare l'amore fisico; bisognerebbe che uomini e donne fossero educati nelle famiglie e dall'opinione pubblica in maniera che essi non vedano, prima e dopo il matrimonio, nell'amore e nei rapporti fisici a esso collegati uno stato di poesia e di elevazione, come appunto ora li considerano, ma invece una condizione animalesca, degradante per l'uomo; e che l'infrazione alla promessa di fedeltà data al momento del matrimonio fosse con estremo rigore condannata dall'opinione pubblica, così come sono condannate le infrazioni agli impegni finanziari e le truffe commerciali, invece di decantarla come ora avviene nei romanzi, nei versi, nelle canzoni, nelle opere liriche e così via.

«Ciò, in secondo luogo.

«In terzo luogo, questo: nella nostra società, sempre in conseguenza della stessa errata interpretazione dell'amore fisico, la nascita dei figli ha perduto il suo senso e, anziché essere lo scopo e la giustificazione delle relazioni coniugali, è divenuta un ostacolo alla dilettevole continuazione dei rapporti amorosi; motivo per cui, nel celibato e nel matrimonio, per suggerimento dei servitori della scienza medica, si sono diffusi gli espedienti atti a privare la donna della facoltà di procreare; ed è divenuto un costume, un'abitudine ciò che prima non si usava e nemmeno ora si usa nelle patriarcali famiglie contadine; la prosecuzione dei rapporti coniugali anche durante la gravidanza e l'allattamento. Cose che io ritengo mal fatte.

«È male far uso di espedienti allo scopo di evitare la nascita della prole, anzitutto perché questo libera dalle preoccupazioni per i figli, le quali preoccupazioni servono di redenzione all'amore fisico, e poi perché si tratta di qualche cosa che si avvicina all'atto più repellente per la coscienza umana: l'omicidio. Ed è pure male la continuazione dei rapporti sessuali durante la gravidanza e l'allattamento, in quanto ciò demolisce le forze fisiche e soprattutto quelle morali della donna. Se ne deduce che anche questo non va fatto. E per non farlo bisogna convincersi che l'astinenza, condizione necessaria per la dignità dell'uomo nel celibato, è ancor più necessaria e obbligatoria nel matrimonio.

«Ciò, in terzo luogo.

«In quarto luogo, questo: nella nostra società, dove i figli costituiscono una pastoia per il piacere, o un malaugurato incidente, o, al massimo, una specie di soddisfazione, quando vengono al mondo in numero limitato, questi figli sono educati non in vista di quei problemi della vita umana che loro competono, come a esseri raziocinanti e capaci di amare, ma soltanto in previsione dei godimenti che essi possono procurare ai genitori. In conseguenza di ciò, i figli degli uomini ricevono un'educazione non troppo dissimile da quella delle bestie: la principale preoccupazione dei genitori non consiste infatti nel prepararli a un'attività degna dell'uomo, ma (e in ciò i genitori sono sostenuti da quella falsa scienza che è la medicina) nel nutrirli il meglio possibile, nell'aumentare la loro statura, nel mantenerli puliti, bianchi, sazi, belli (se nelle classi inferiori questo non si fa, ciò è dovuto a impossibilità materiale, e non a divergenza nel punto di vista). E nei figli viziati, come in tutti gli animali supernutriti, si sviluppa ben presto una sensualità infrenabile, che è causa per essi, nell'adolescenza, di tremende sofferenze. Vesti eleganti, letture, spettacoli, musica, danze, dolciumi, tutte le sovrastrutture della vita, dai disegni sulle scatole ai romanzi, alle novelle, alle poesie, stimolano ancora questa sensualità, di modo che i più terribili pervertimenti sessuali e le malattie divengono la condizione abituale in cui crescono i ragazzi d'ambo i sessi, e che spesso permane anche nell'età matura. E io sono convinto che questo è male.

«Se ne conclude che bisogna smettere di educare la progenie umana come quella delle bestie, e che, per l'educazione dei figli degli uomini, occorre prefiggersi altri obiettivi, al di sopra della venustà e della cura del corpo.

«Ciò, in quarto luogo.

«In quinto luogo, questo: nella nostra società, dove l'amore tra un giovane e una donna, basato sempre sull'amore fisico, viene presentato sotto la specie di un'alta finalità poetica per le aspirazioni umane, come comprovano tutta l'arte e tutta la poesia, i giovani impiegano il miglior tempo della loro esistenza a osservare, cercare, impadronirsi dei migliori strumenti d'amore, sotto forma di relazioni amorose o di matrimonio, e le donne e le fanciulle ad adescare e attrarre gli uomini alle medesime relazioni amorose e al matrimonio.

«E così le forze migliori vengono impiegate per un lavoro non soltanto improduttivo, ma anche dannoso. Da ciò proviene in massima parte il lusso insensato della nostra vita, da ciò la neghittosità degli uomini e l'impudicizia delle donne, le quali non esitano a denudare le parti del corpo che più agiscono sulla sensualità, adottando le mode delle donne scientemente corrotte. E io penso che ciò sia male.

«Male, poiché il raggiungimento dello scopo dell'unione, in stato coniugale o non coniugale, con l'oggetto amato, in qualunque modo esso venga magnificato, è sempre un obiettivo indegno dell'uomo, come indegno dell'uomo è l'obiettivo che pur tanta gente considera il bene supremo, quello di procurarsi cibo dolce e copioso.

«La conclusione che si può trarre è che si deve smettere di pensare che l'amore fisico sia qualcosa di eccezionalmente eletto, e occorre invece persuadersi che una finalità degna dell'uomo, servire l'umanità, la patria, la scienza, l'arte (a non voler parlare di servire Iddio), qualunque essa sia, purché noi la consideriamo degna dell'uomo, non si raggiunge mediante l'unione, in stato coniugale o non, con l'oggetto amato; anzi, se pure in versi e in prosa si cerchi di dimostrare il contrario, l'amore e l'unione con l'oggetto di tale amore, non che facilitare il raggiungimento di una meta degna dell'uomo, lo rendono più difficile.

«Questo, in quinto luogo».