"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

Lezione semplice da una banana

Il problema dell'arte è il problema dell'uomo. Viene dunque una lezione dalla banana matura appiccata al muro con del nastro adesivo color argento, idea strepitosa di Maurizio Cattelan da centomila dollari e passa esposta alla fiera Art Basel Miami Beach come "opera" e addentata da un collega. L'insegnamento è che anche il livello artistico, come ormai tutto il resto delle nostre vite, è attualmente in preda alla deperibilità, alla provvisorietà, alla marcescibilità. L'eternità non fa più parte del nostro mondo. Una volta si facevano opere destinate a durare nei secoli, a perpetrare a lungo significato e bellezza, a eternare il valore di un artista, di un committente, di un luogo. Adesso è un profluvio di materiali poveri, scadenti, di uso quotidiano, usa e getta. Tutto è precario: le professioni, le relazioni affettive, le scelte esistenziali. L'arte si adegua al tempo, segue il passo.


Questo è inscindibilmente legato al sistema filosofico e alla concezione che ciacuno ha della vita. Da qui diverse soluzioni. Per i catartici, l'attività artistica ha un'intima virtù purificatrice. I metafisici si arrestano all'arte come attuazione del bello, mentre i moralisti ne sottolineano l'esigenza morale. Ma ci sono statue o pitture di nudi che nessuno potrà definire immorali, mentre ce ne sono altre più vestite ma immoralissime. Si insiste nell'osservare che l'arte ha l'obbligo della bellezza; certo non ha quello della verità.

«L'entusiasmo popolare suscitato, qualche anno fa, dalle magnifiche statue dei guerrieri, trovate nel mare di Riace, fu un sintomo eloquente di un risorgente gusto per la bellezza» appuntava il filosofo Nicola Abbagnano. «Risorgente, perché, negli anni precedenti, anche la bellezza è stata coinvolta nella condanna di tutti i valori tradizionali, ritenuti inutile presidio di una società avvelenata e corrotta, e prossima al declino finale. Da questa condanna è nata l'indifferenza o il disprezzo per le forme classiche dell'arte ed anche per quelle sue espressioni moderne e contemporanee che cercano nuovi modi o nuove forme del bello. Arte autentica è stata ritenuta quella che presenta pezzi o frammenti di realtà, anche insignificanti, meglio ancora se ripugnanti o volgari. La musica ha voltato le spalle alle leggi dell'armonia per confondersi con il rumore disordinato e assordante della metropoli. Le metropoli sono diventate nel frattempo sempre più assordanti e più brutte, dominate nel loro sviluppo inevitabile da interessi contrastanti ma ugualmente insensibili ad ogni esigenza di ordine e di armonia. E l'intero ambiente naturale è stato, da questi stessi interessi, avviato a un deterioramento che ne ha diminuito, insieme con la bellezza, l'adattemento alle esigenze vitali dell'uomo».

Fa bene Vittorio Sgarbi quando ironizza: «La "banana" attaccata al muro è un atto di desistenza sessuale. Come i giocatori che, a fine carriera, appendono le scarpe al chiodo. Il messaggio subliminale è, in realtà, un grido disperato: Cattelan ci sta dicendo che non scopa più».

Ancora Abbagnano: «"Una cosa bella è una gioia per sempre" ha detto un vecchio poeta. E le cose belle costituiscono le attrattive che rendono meno pesante e più gioiosa la vita. Platone diceva che la bellezza è l'aspetto che il Bene riveste per suscitare l'amore degli uomini e indirizzarli così verso una vita più degna. Oggi sappiamo che essa può assumere innumerevoli forme, che i gusti e i modi di giudicarla sono diversi, che ci si può ingannare in questo campo come negli altri. Ma è pur sempre vero che ciò che veramente è bello rimane bello anche se i gusti e le circostanze mutano, cioè che la scelta della bellezza, come tutte le scelte autentiche, può essere ripetuta perché non delude».

Impariamo ad apprezzare, dunque, la scelta della bellezza e del durevole.