Siamo invasi. Spuntano da ogni parte e non c'è modo di difendersi. Li trovi per le strade, nelle stazioni ferroviarie, dentro i centri commerciali. Ti si avventano contro. Assaltano, aggrediscono, intimoriscono, disturbano. Sono i forestierismi, principalmente termini inglesi, ma anche arabi, cinesi... ostrogoti: nelle insegne, nei cartelli, nelle indicazioni - nella confusione linguistica, nella Babele che sono ormai diventate le nostre città. Perché, certo, vuoi mettere il black friday con un semplice "venerdì nero", o il cyber monday con un qualsiasi "lunedì digitale"? E il cyber-bullismo non è la stessa cosa che il "bullismo tecnologico", ovvio, e la porn-revenge suona decisamente più vendicativa della pornovendetta. In questo mese, poi, le vetrine sono tutte un merry e un happy, un christmas (che qualche fascino ce l'ha, nonostante sia vocabolo straniero, contenendo in sé la parola Cristo a ricordare che il Natale parte da qui, è questa roba qui, non altro) e un xmas.
«I primi tempi dell'automobile non si parlava che di garage, poi ci siamo abituati a dire "rimessa"; e chauffeur divenne "guidatore" e chassis "telaio". Ma oggi non c'è ombra di reazione, non si è ancora affacciato alla porta Mr. Poster, Mr. Hobby, Mr. Container, Mr Stress, Mr. Smog che subito son fatti accomodare in salotto, e debbono prendere la via dell'uscio il sig. Cartellone, il sig. Passatempo, il sig. Recipiente, il sig. Logorìo, la signorina Fumigine...» scriveva già Paolo Monelli (Corriere della Sera, 25 aprile 1966). «Quando gli americani riuscirono a scindere il nucleo dell'atomo chiamarono questa operazione fission, dando un senso specifico a un termine che risale al secolo XVII e corrisponde al nostro "scissione". Avremmo subito dovuto voltare fission in "scissione", che corrisponde esattamente al fenomeno e sarebbe stato subito chiaro a ciascuno, se non altro per l'esperienza che abbiamo delle ricorrenti scissioni dei partiti politici; invece abbiamo ottusamente data desinenza italiana al termine inglese, col risultato che chi è profano di queste cose sentendo parlare di "fissione" è indotto a pensare a un processo che tenda a fissare o a rendere stabile l'atomo».
Merita di essere riportato in questa sede l'articolo intitolato "Alzate senza paura le barriere linguistiche" che Guido Ceronetti scrisse, sempre per il Corsera, un quarantennio dopo Monelli (14 gennaio 2010): «Ma perché blaterate tanto, insistendo fastidiosamente, di integrare
nei nostri precari confinetti moltitudini eterofone sempre più grandi
e babeloparlanti, se state buttando via lo strumento civilizzatore per
antonomasia, l’organo riproduttivo supremo di una forma di reale, non
ipotetica e pia, convivenza possibile – la vostra, la nostra, la
disperatamente mia, Lingua Italiana?
Una guerra atipica, incruentissima – eppure guerra vera, senza
quartiere, senza infingimenti – è da fare, con mobilitazione generale
includente giovani leve e vecchie, donne, uomini, e ragazzini
rigorosamente privi di kalashnikov: la guerra all’Inglese,
all’anglofonia d’occupazione, all’americofonia tecnologica,
all’angloegemonia che implacabilmente va stritolando le lingue
dell’Europa continentale e seppellendo in sabbie mobili senza ritorno,
la meno reattiva di tutte: questo italiano nostro di penuria,
analfabetizzato, stupidamente arreso all’angloamericano, sparlacchiato
male da giovani linguisticamente rammolliti, obbligato al servilismo
bilinguistico da governi, come l’attuale, che deliberatamente lo
vogliono subordinato, e da comuni che dappertutto sembrano compiacersi
di insegne eterolingui che stonano, che sforacchiano sinistramente
l’ambiente urbano, che involgariscono, che deturpano…
La diseducazione linguistica conduce dritto all’indifferenza a tutto:
valori etici, culturali, religiosi del luogo dove «la casa dell’essere», il linguaggio in cui lo spirito della lingua s’incarna,
patisce scala Richter al settimo, tanto che varrà meglio, per vivere
in Italia, imparare inglese basico, pessimo ma apriporta dovunque,
barbaricissimo però solidamente assiso, come il caprone dei Caprichos
di Goya sulle sue zampe.
Non può più essere una guerra di frontiera. Può diventare guerriglia
di refrattari, guerrasanta di aborrimenti – perché il nemico è entrato
da tempo e il suo ginocchio ci sta sulla gola.
Se si ha da eleggere un consiglio comunale e un sindaco bisogna che si
scopra sulle insegne e sul bilinguismo. Intolleranti, votarli.
Tolleranti o indifferenti, astenersi o convergere. Che sugli autobus
debba esserci scritto Entrance-Exit è intollerabile servilismo. Trovi
bilingui programmi culturali, pubblicità bancaria, linguaggio tecnico
di banca, rendiconti editoriali, contratti, orari, prezzi, messaggi
telefonici registrati di ogni natura, menù di ristoranti, prefazioni
erudite, cataloghi. C’è di peggio: il monolinguismo direttamente
anglofono! L’ italiano in Italia è già sparito da alcuni corsi
universitari, da seminari di azione teatrale come a Pontedera, dalla
pubblicità informatica, dagli avvertimenti di pericolo, dagli
indicatori luminosi delle automobili dei macchinari, dai colloqui di
assunzione, dai sistemi compiuterizzati (come si può scrivere computer
e derivati senza ricorrere a questa roba non masticabile?), perfino
dalle pronunzie di nomi e parole stranieri ma non anglofoni – ed
eccoci serviti di Piutin, Fiuhrer, giunior, Pleitone, e il francese
onomastico fiorire di Chemiús, Bírnanos, Mòlier, Vìllon, Ueil, Giùvet,
perché è ormai quasi cessato il rapporto vivente con la lingua sorella
transalpina. Nel linguaggio sportivo l’italiano è ridotto a scopino.
Nei graffiti sconci va prevalendo fuck. La frequentazione dei termini
di economia è un pellegrinaggio infero in cui sommessamente piange il
bell’italiano di Luigi Einaudi, di Vilfredo Pareto.
Ulteriore il peggiorare quando la lingua è mischiata, all’interno
talvolta di una parola sola, o l’inglese è italianato, o l’italiano
angliato mediante particelle. Esempi incessanti: under ventuno; over
settanta; bypassare; fare shopping; fare zapping; stoccare,
stoccaggio; transgender; c’è un black out; deregulation; il fiscal
drag; ce l’ho sul display; essere trendy, essere sexy; è tutto on
line; ho fatto un leasing; mi trovate sul mio blog; il boat people;
apro un network; preso al discount; tre-dieci mille fiction; body
scanner, scannerizzare; lavoro in un call center; viaggi low cost; vi
trasmettiamo le news; News (testata); riunito lo staff; day hospital,
election day; vaffanday; è stato un flop; il cuore in tilt… Quanto
al Primo Ministro non è più riconoscibile che come premier. E il
premierato forte chi l’avrà inventato?
Cittadini, una lingua così vaiolosa è un danger serio per tutti! Una
lingua materna non è surrogabile da una sussidiaria, imposta con
prepotenza. È in vista una diffusa confusione mentale. Alzate senza
paura barriere linguistiche. Difendendo l’italiano proteggete voi
stessi».