"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

Povera scuola, finita sotto la suola

Bravo, Tonte. Fa bene il capo dell’attuale Governo ballistico a parlare di ministro della Scuola e non dell’Istruzione: infatti d’istruzione non è rimasto più niente, ormai, c’è soltanto distruzione. Guardiamo avanti con ottimismo anche rispetto al suo vederci doppio, nel ministero. Condividiamo infatti quanto scritto dal quotidiano Libero alcuni giorni fa: il nuovo titolare del dicastero in duplex riuscirà a farci rimpiangere il predecessore. Magari proporrà di mettere i pupi siciliani al posto dei crocifissi e di sostituire le carte geografiche dell’Impero Romano, simbolo di un bieco imperialismo guerrafondaio, con le bandiere arcobaleno e le mappe delle rotte dei poveri migranti. Cambierà per l’ennesima volta le modalità di svolgimento dell’esame di maturità, si riempirà la bocca di “riforme”. Nel frattempo giustificherà classi intere che invece di partecipare alle lezioni di lingua, scienze, storia e geografia scenderanno a manifestare in piazza per la fondamentale salvaguardia della foca monaca. E per le università degli studi promuoverà corsi obbligatori sulla coltivazione casalinga della canapa indiana. Aveva ragione Henry Miller (Tropico del Cancro): in certi frangenti della vita bisogna leggere Papini. Abbiamo sotto mano alcuni suoi libelli feroci che hanno oltre un secolo ma fanno al caso nostro.

«La scuola è così essenzialmente antigeniale che non ristupidisce solamente gli scolari ma anche i maestri. Ripeti e ripeti dopo anni le medesime cose, diventano assai più imbecilli e immaleabili di quel che fossero al principio - e non è dir poco. Poveri aguzzini acidi annoiati, anchilosati, vuotati, seccati, angariati, scoraggiati che muovono le loro membra ufficiali e governative soltanto quando si tratta di avere qualche lira di più tutti i mesi!» (Chiudiamo le scuole!, 1914).

L’università «deve perdere quel carattere di macchina regolare che vomita dottori a data fissa, per tornare a essere un asilo tranquillo di studi puri e disinteressati» (Rivoluzione universitaria, 1913).

«Che le università siano una delle tante cose che in Italia vanno male nessuno lo nega e nemmeno quelli che v’insegnano, i quali da non poco tempo propugnano riforme e trasformazioni. E non lo nega neppure il Governo che fra i miliardi di commissioni esistenti o pseudoesistenti ne ha nominata anche una per la riforma universitaria. Ma la riforma dovrebbe essere più profonda di quel che non possono immaginare i chiari e vecchi uomini che di solito compongono quelle costose lapidi sepolcrali che sono le commissioni» (Università e biblioteche, 1911).

Nello stesso testo: «In Italia, dove tante cose vanno male e alcune tanto male che non potrebbero andar peggio, sarebbe un miracolo se le biblioteche andassero bene. Non solo ve ne son poche… non solo in quelle che ci sono mancano i libri… Quelli che conoscono le grandi biblioteche italiane sanno quanto siano povere di fronte alle grandi straniere, tanto povere che certi studi non si possono fare senza comprar libri da sé o senza scappare a Parigi a Londra o a Berlino».

Infine: «C’è alla Camera un gruppetto di deputati che si dicono Amici della scuola e che in verità sono, specialmente, amici dei maestri, cioè amici degli stipendi dei maestri. Ed è vero che i maestri dovrebbero esser pagati di più (chi non dovrebbe esser pagato di più se si potesse?) ma è falso, falsissimo e appena degno del più grossolano materialismo storico, che la questione della scuola sia soltanto questione di quattrini. È anche questione di quattrini ma soprattutto d’anima e d’educazione» (La scuola elementare, 1909).

Vittorio Feltri ha detto in televisione che l’ultima riforma della scuola seria, organica, efficace è stata la Riforma Gentile. Bisogna ricordare che il riordino del sistema scolastico attuato dal filosofo idealista Giovanni Gentile, nella veste di ministro dell’istruzione, avvenne mediante la progressiva introduzione di una serie di decreti emessi utilizzando i pieni poteri riconosciuti al Governo in base alla legge del 3 dicembre 1922, senza quindi il contributo di un dibattito parlamentare. Comunque, i provvedimenti presi da Gentile tennero conto di un’ampia discussione sulla scuola avviatasi fin dai primi anni del secolo, il cui esito principale era stato il tentativo di riforma avanzato nel 1920 da Benedetto Croce, ministro dell’istruzione nell’ultimo governo Giolitti. Gentile stesso sottolineò più volte come la maggior parte delle misure da lui realizzate fossero state discusse in Italia ben prima della guerra. Merito del fascismo era stato quello di tradurre in pratica quelle idee, che in precedenza non erano riuscite ad andare al di là di generiche dichiarazioni programmatiche.

L’orientamento complessivo della riforma fu quello di dare rigore all’ordinamento scolastico sia dal punto di vista della sua struttura amministrativa, organizzata in maniera rigorosamente gerarchica, sia dal punto di vista della severità degli studi, attraverso una precisa definizione di percorsi e programmi. I provvedimenti presi riguardarono tutti i gradi d’istruzione, dalla scuola materna all’università. La cultura umanistica assunse un ruolo centrale nella formazione scolastica; al liceo classico venne attribuito il ruolo di scuola delle élite; fu istituito il liceo scientifico. Venne introdotto, al termine della scuola secondaria superiore, l’esame di Stato, da tenersi di fronte a commissioni esterne alle scuole di provenienza dei candidati e con apposite prove disposte a livello nazionale. Era questo un provvedimento da tempo chiesto dai cattolici, che vedevano così poste le loro scuole sullo stesso piano di quelle statali.