"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

Quegli Aristogatti borghesi, retrogradi

Dio mio, Dio mio, quante disillusioni... Sapete una cosa? Mi viene da piangere. Eh sì, ogni giorno che passa c'è una prova: noi, quelli della mia generazione, siamo stati nutriti con i pericolosi luoghi comuni di una borghesia retrograda, a volte razzista, sempre eterosessuale. Quindi sì, mi domando: sarò mai in grado di espiare?

Il Natale è il momento delle pellicole per bambini, ora film di animazione, ex cartoni animati. Ecco, scopro, decenni dopo, che tutti questi eroi che ho amato mi hanno fatto marcire l'anima e pervertito la mente. Ah, perché non sapevo che la regina delle nevi potesse essere, come quella, "liberata e sollevata" da tutte queste turpitudini... ["Libérée délivrée" è il titolo francese di Let It Go, il brano cantato dalla regina Elsa in Frozen; All'alba sorgerò nella versione italiana, ndr]

Nell'impresa revisionista-moralizzatrice che caratterizza il nostro tempo, è sembrato, lo scorso anno, che Mary Poppins fosse razzista. In causa, le facce fumose dei suoi amici spazzacamino. Questa volta sono Gli Aristogatti a finire sotto la lente d'ingrandimento di France Culture.
Charles Dantzig ospita, nel suo programma "Personnages en personne", un illustre professore di Storia contemporanea dell'università Jean-Moulin di Lione, specialista in storia degli animali: Éric Baratay. L'argomento è importante, così riassunto dal conduttore: "Duchessa e i suoi tre gattini, Minou, Matisse e Bizet, ricevono dalla madre un'educazione a immagine dell'ambiente in cui vivono, nella Parigi della Belle Époque: quella della ricca borghesia. Tutti i codici della decenza sono rispettati nel cartone animato Gli Aristogatti. Non soltanto sono rispettati i codici sociali, ma anche di genere: le gattine svengono all'idea del matrimonio e i gattini sono rissosi sotto l'occhio benevolo della loro madre. È questa pellicola del 1970 una delle ultime a diffondere il vecchio modello di educazione dei bambini?".

Dettaglio, a proposito: ci prendiamo cura, in poche righe dedicate al produttore Walt Disney, di sottolineare che era eterosessuale. Un difetto, senza dubbio...

Charles Dantzig allestisce la scena: "I film trasmettono tutto tranne il pensiero critico verso l'ordine, in particolare familiare. Gli Aristogatti, film del 1970, sono un po' come Georges Pompidou eletto dopo il maggio '68. Uno degli ultimi film per bambini che cercano di inculcare maniere vecchio stile, come se Woodstock non avesse avuto luogo". Il tono è critico, addirittura di rimprovero. Il professor Baratay è più bonario, risponde da storico: la trama si colloca all'inizio del XX secolo, è abbastanza fedele allo spirito dei tempi e al destino degli animali domestici... "Duchessa e Minou sono bianche", sottolinea Dantzig. "Matisse, rissoso, è rosso. Bizet è grigio. Tutto si svolge in quartieri bellissimi. Vivono con 'Madame', che li guarda..."

Non cattura. Baratay insiste nel parlare di storia di fronte a Dantzig che vorrebbe un po' di polemica: "È un film da villa, non c'è alcun appartamento". Non va affatto bene! E peggio: "Lasciamo passare attraverso questa pellicola un'idea di come un ragazzino dovrebbe comportarsi [gioca duro] che è un'idea molto vecchia e molto datata, proprio come ci viene mostrata la gattina Minou svenire, quando vede sua madre flirtare con il gatto Romeo, e sognare il matrimonio. È una metafora, ma destinata a trasmettere un modello".

Charles Dantzig non approderà a nulla, concludendo il suo ospite che questo film "si oppone alla visione del XIX secolo che era la legge della giungla". Meglio di quella, dice, "Gli Aristogatti sono assolutamente simbolici del lavoro di rivalutazione degli animali nel XX secolo, e se si vuole fare la storia dei gatti in questo secolo, questo film è stato molto importante".

Commento di un internauta: "Le Aristogat-te 2020: ovvero la nuova educazione secondo i codici della sinistra fricchettona: i gattini svengono all'idea del matrimonio gay e le gattine giocano al camionista sotto l'occhio benevolo del loro genitore 1..."

(Boulevard Voltaire)