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Tra inculturazione e incarnazione

Ci ha lasciati il grande filosofo Basile-Juléat Fouda. Un filosofo negro-africano e cristiano che era autorevole tra i suoi coetanei e che forse il grande pubblico scoprirà con il tempo... L'uomo dell'ermeneutica delle tradizioni orali africane e dell'Incarnazione ha raggiunto questa vita divina che aveva definito come un'auto-affezione che uno non può cogliere che ristabilendo al suo interno lo sguardo della nostra intelligenza.

Questa vita divina, aveva detto, la riceviamo dal Padre attraverso il Cristo, "Arci-Figlio" che ci rende uomini rendendoci figli di Dio. Invisibile agli occhi del mondo, questa Vita ne condiziona comunque la manifestazione poiché, senza di essa, nulla potrebbe mai apparire. Questa vita, Basile-Juléat Fouda l'ha talmente tanto proclamata che è difficile ammettere che si sia estinta. Basile-Juléat Fouda non è morto, è entrato nella vita che tutta la sua esistenza allieta e canta.

 

Che opera ci lascia? Una fatica allo stesso tempo varia e monolitica, ricca e solida. Un'intuizione maggiore declinata in tutte le modalità, come per dirla meglio indefinitamente e rivelare una fecondità mai esaurita. Il pensiero di Basile-Juléat Fouda possedeva dunque forza abbastanza per poter affrontare una moltitudine di temi e di generi senza perdere la sua unità: ha prodotto innanzitutto un approfondimento dell'ermeneutica delle tradizioni orali africane, in seguito la co-costruzione dell'etica all'interno della filosofia in Africa con "il pancalismo ontologico africano" che non è altro che il culto umano dell'essere esistente colto in tutta la sua bellezza.

Basile-Juléat Fouda, poiché è stato ordinato diacono a nome della diocesi di Yaoundé, è rimasto fedele a questa religione ed è stato un filosofo cristiano che ha partecipato all'inculturazione del cristianesimo in Camerun scrivendo numerosi inni. Il suo stile poteva essere preciso e tecnico ma anche lirico e romanzesco: ha scritto parecchi testi, ne abbiamo contati 817 che vanno dalla letteratura alla poesia, dal canto al racconto e ovviamente molte opere.

Il suo pensiero non si lascia dunque riassumere agevolmente. Diciamo almeno che la sua intuizione fondamentale conduce un'antropologia costruita in modo fenomenologico a pensare all'uomo come un'alternativa al razionalismo e al materialismo scientifico: l'uomo di Basile-Juléat Fouda non è né una macchina da ragionamento, né una meccanica biochimica; non è né un corpo né una specie di supercomputer. Ma nel mezzo, che fornisce senso all'uno come all'altro, appare a beneficio dell'attenzione fenomenologica il vivere umano autentico che, irriducibile a qualsiasi forma di processo meccanico o logico, sperimenta se stesso come vita (concetto principale sviluppato nel cogito esperienziale dell'anima) e come carne (concetto determinante nella filosofia teandrica dell'esistenza) in un'interiorità che ci è comunicata originariamente da Dio-Padre nel Figlio. Basile-Juléat Fouda in ciascuno dei suoi scritti plurali ha radicato l'Africa nel mondo, motivo per cui ha visto la filosofia africana come un ramo autonomo della filosofia plurale.

Vedere nel regno scientista che caratterizza la nostra epoca una negazione di questa interiorità, una meccanizzazione della vita umana, costituisce senza dubbio la critica più rilevante della nostra modernità. Ed era già il proposito di Basile-Juléat Fouda nel 1966 nel suo messaggio al Premier Festival des Arts Nègres di Dakar quando dice: Non sarebbe vano, in effetti, cercare di far sopravvivere valori etici fuori dal suolo su quale si verificano? Perché il mondo moderno non estende più nulla alla morale se non perché ha messo in esilio l'uomo dalla sua interiorità?

È sfortunatamente troppo tardi per scoprire l'uomo Basile-Juléat Fouda, l'autore della meraviglia, il compositore del kiri mbeng! Colui che vedeva tutti i giorni dalla sua finestra sorgere il sole dell'ottimismo e della gioia. Lui che si è addormentato mentre riprendeva Nti emen anë ma nnoani - il Signore è il mio pastore (Salmo 22) composto e musicato con l'amico, il compianto abate Sylvain Atangana. Quindi, sì, ci restano da ricavare dalla sua opera le intuizioni belle e feconde che potranno nutrire le generazioni di domani.

(Fonte: Camer.be. Nostra traduzione)