"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

La tragedia e la farsa

L'Italia è il Paese dove anche le tragedie finiscono in farsa.

Oggi alle 10 si sono svolti i funerali di Elena e Diego, i gemelli uccisi dal padre. Evento terribile. Avremmo voluto e potuto parlare d'altro, ma la cronaca ci impedisce di tacere. Sono stati funerali cattolici (Messa, prete e quant'altro), in un campo sportivo - immaginiamo per ragioni di distanziamento, Coronavirus e via dicendo. Cattolici, torniamo a ripetere e a sottolineare, ma che invece di un rito sobrio, equilibrato, religioso, spiritualmente intenso, si sono trasformati nell'ennesimo spettacolo a favore di giornalisti e telecamere, di telefonini e di social network, di gente che ha bisogno di mettersi in mostra e di farsi notare.

Dal Requiem, grazie al Concilio Vaticano Secondo, siamo passati allo show. Con tanto di musica di Vasco Rossi, Un senso, che canta di qualcosa che "un senso non ce l'ha". Nessun sacerdote, un sacerdote qualsiasi, ha niente da obiettare? Ormai non obiettano più, passa tutto. Ma sarebbe il caso di mettersi d'accordo, una buona volta: se continuare a professarsi Cattolici o dire che il Cattolicesimo è finito e buona notte; se vivere convinti che un senso c'è, sempre, ogni giorno, per quanto possa essere duro da ingoiare e aspro da comprendere (la fede in Dio non è una caramella o zucchero filato) o lasciarsi emozionare dai brani di Vasco Rossi. L'unione delle due è pastrocchio, schifezza, farsa. 

Elena e Diego, gemelli dodicenni uccisi dal papà

Spiegava bene Divo Barsotti, il 2 ottobre 1966, che «l'uomo sembra che non abbia più altra libertà che quella di seguire spontaneamente la sua natura. Non so se ha acquistato l'innocenza dell'animale: è certo che nessuno, praticamente, nel mondo di oggi sente vivo il bisogno di una liberazione da se stesso. L'uomo si è accettato qual è, e per la sua bruttura non rimprovera più alcuno, nemmeno Dio, perché come ha perso il senso del peccato, così ha perso il senso di Dio. L'uomo è solo in un mondo vuoto e non vi è legge che egli debba realizzare. Forse mai l'umanità si è trovata a un tale abisso di perversione morale, forse mai l'umanità è caduta così in basso: non perché oggi si commettano maggiori peccati di ieri, ma perché oggi non si sa, non si avverte, non si ha più coscienza nemmeno del male nel quale siamo impastati. L'uomo si accetta così come è e non aspetta nessuna redenzione, e non crede più in alcuna salvezza. È pauroso il senso della vita che è proprio dell'uomo di oggi. Si identifica la materia allo spirito e Dio al mondo; e non vi è più luce di libertà, non vi è più luce di bellezza spirituale per l'uomo».

Proseguiva Barsotti che allora «forse solo questo può avvicinare a Dio noi uomini moderni: il dolore, la malattia; o forse anche la malattia e il dolore non si traducono nemmeno più per l'uomo in un grido di pietà, in una implorazione di aiuto; forse l'uomo come una bestia ferita aspetta soltanto la morte. Non lo so. È vero questo: che il mondo sembra deserto da Dio, è vuoto. E non sono meno vuote le anime che credono di credere, e non sono meno vuote le anime che fanno professione di vita religiosa, e non sono meno vuote le anime che pensano di essere vicine a Dio. Mi diceva un sacerdote che l'esperienza più terribile del suo sacerdozio (era un cappellano di ospedale) è stata quella dell'assoluta impermeabilità dell'uomo a Dio e alla grazia, anche di fronte alla morte. Sono molti gli uomini che non si scuotono più nemmeno per la loro malattia, nemmeno per l'imminenza della morte: è un atto puramente fisico, biologico, si deve subire. L'uomo è ritornato ad essere meno assai di quello che è stato sempre, anche fuori dal Cristianesimo, anche in opposizione al Cristianesimo: nemmeno più uno spirito, nemmeno più un'anima, nessuna luce spirituale lo visita più. Un certo stoicismo, che è peggiore di ogni peccato, sembra che sia il carattere proprio dell'uomo moderno. Stoicismo che non è l'antico stoicismo: è un'assoluta impermeabilità a tutti i valori. Si accetta la vita così com'è e non si fa più differenza fra il bene e il male, perché non vi è più differenza per l'uomo, dal momento che questo non si impone più nulla, non sceglie più nulla. Si è ridotto davvero all'innocenza dell'animale. Com'era più cristiano, ci sembra, anche l'assassino e il libertino di qualche secolo fa! Il gusto che provava lo scrittore nel descrivere il male, cercando di sollecitare anche gli altri a cadervi è in fondo una testimonianza più alta di quanto non sia per esempio la letteratura moderna, in cui tutto è impassibile, tutto è divenuto una cosa. Le perversioni peggiori a cui l'uomo può abbandonarsi vengono descritte con un tono di impassibilità che fa paura. Credo che nemmeno il demonio sia giunto a tale totale assenza di luce spirituale».

Ecco, «l'uomo piano piano si riduce a puro animale. Nemmeno i greci erano giunti a tanto, perché almeno, per loro, anche se non esisteva Dio, esisteva lo spirito; mentre oggi quanti credono veramente nell'immortalità? Non vogliono dirlo, non vogliono porsi il problema per non dover rispondere, ma io credo che la maggior parte non ci creda più. Anche fra i cristiani la maggior parte arriva a dire: "Eh, se c'è qualcosa si vedrà!". Questo vuol dire che non soltanto non si crede più in Dio, ma non si crede neanche nell'uomo. L'uomo stesso si è ridotto a un puro prodotto biologico, animale. Vi posso sembrare un po' duro, ma non lo sono, perché i risultati di una certa concezione sono paurosi; e potrebbero essere ancora più paurosi se noi non ci rendessimo conto di tutto questo per riaffermare non quei principi filosofici, ma quei principi di fede dai quali il nostro Cristianesimo dipende o cade; e non soltanto il nostro Cristianesimo, ma la nostra nobiltà di creature razionali, di uomini cioè che trascendono il mondo. Perché Dio trascende anche il mondo, ma l'uomo già di per sé trascende ogni processo biologico, trascende la creazione fisica: egli è spirito. Dobbiamo rendercene conto».