Ieri, in prima serata, il canale televisivo Rai Storia ha riproposto il film "I dialoghi delle Carmelitane". La pellicola del 1960 con Alida Valli, Pierre Brasseur e Jeanne Moreau è tratta dal libro "L'ultima al patibolo" di Gertrud von Le Fort e dal seguente testo per il teatro "I dialoghi delle Carmelitane" di Georges Bernanos. La visione si è rivelata di una certa utilità per comprendere a quali derive può spingersi la dittatura del pensiero unico omologato, del politicamente corretto, del neo-dogmatismo laicista in tempi dove "i padroni del discorso" vogliono imporre cosa bisogna dire, addirittura cosa bisogna pensare, perfino cosa è lecito pregare. Per questo - per tenere la mente aperta, per riflettere, per comprendere quanto la storia corra a volte il rischio di drammatiche reiterazioni - sugli ultimi giorni delle Carmelitane di Compiègne vi proponiamo un esauriente articolo tratto dal sito 1P5.
Una scena del film "I dialoghi delle Carmelitane" |
Il 13 febbraio 1790, la Francia, la figlia maggiore della Chiesa, proibì di emettere voti religiosi.
Poco più di due anni dopo, nel settembre del 1792, un convento carmelitano a circa 50 miglia a nord di Parigi fu espropriato. Le suore furono costrette a vivere separatamente e ad abbandonare l'abito.
Nel suo libro To Quell the Terror, William Bush ci dice che i rivoluzionari consideravano gli abiti "offensivi agli occhi repubblicani", un'eco dei riformatori Protestanti di circa 300 anni prima: "I riformatori si concentrarono soprattutto sulle vesti religiose, strappandole a brandelli o bruciandole, ordinando alle suore di adottare indumenti secolari" (Elizabeth Kuhns, The Habit: A History of the Clothing of Catholic Nuns).
Mentre le suore si disperdevano per la città continuarono a pregare comunitariamente, per quanto possibile. Due anni dopo vennero denunciate e il 22 giugno 1794 le 16 suore furono arrestate.
Il 12 luglio, le suore furono trasferite nella prigione della Conciergerie a Parigi. Il 16 luglio, festa della Madonna del Monte Carmelo, appresero che il giorno successivo avrebbero affrontato il processo. Poiché i martiri sono celebri per aver cantato sul patibolo, loro pure cantarono in cella. Oltre all'Ufficio Divino, intonarono una parodia della Marsigliese, scritta da una delle suore. William Bush fornisce una traduzione di parte della parodia:
Che i nostri cuori si diano alla gioia
È giunto il giorno della gloria!
Al bando tutta la nostra debolezza,
Possiamo vedere che la croce ora è vicina!
Prepariamoci per la vittoria!
Procediamo ciascuna come fa un conquistatore!
Sotto la croce, il grande stendardo di Dio,
Corriamo tutte, voliamo tutte verso la gloria!
Che il nostro ardore s'infiammi!
Doniamo i nostri corpi nel suo Nome!
Saliamo, saliamo sull'alto patibolo!
Daremo a Dio la vittoria!
Il loro processo si svolse la mattina del 17 luglio nel Palais di Giustizia e la sentenza fu emessa quel pomeriggio. La sottopriora, Madre San Luigi, barattò il suo manicotto di pelliccia con una tazza di cioccolata calda per ciascuna suora, per aiutarle a sopportare il duro viaggio che le aspettava e come una commovente considerazione sulla possibile fragilità umana nelle ore finali. Le suore furono caricate su un carro e trasportate per circa due miglia fino alla ghigliottina in Place du Trone-Renverse, o Piazza del Trono Rovesciato.
Le sante donne potrebbero non essere state completamente sole durante il tragitto. Bush riferisce: “Per tutto il Terrore, preti sotto mentite spoglie avrebbero scortato i prigionieri della Conciergerie o si sarebbero posizionati lungo il percorso... Dunque, anche all'apice del Grande Terrore a Parigi, un occhio attento avrebbe potuto scorgere da qualche parte, lungo la strada per Place du Trone, se non proprio sul patibolo, la mano leggermente sollevata del prete travestito da feroce sans-culotte, che benediceva e dava l'assoluzione”.
Tutti i documenti e i testimoni oculari sono unanimi sul fatto che le suore indossassero parti dei loro abiti all'esecuzione. Non portavano il velo, perché il collo doveva restare scoperto, ma avevano almeno tuniche marroni e un piccolo copricapo. Ci sono prove che la priora Madre Teresa di Sant'Agostino avesse approntato in anticipo tagli di capelli e copricapi per le sue figlie, per impedire alle donne di essere toccate fino all'ultimo momento assoluto.
La durata del viaggio potrebbe essere stata anche di un paio d'ore e testimoni oculari riferiscono di averle sentite cantare per tutto il tempo. Non abbiamo la certezza completa di tutto quello che hanno cantato, ma si ritiene comunemente che abbiano cantato l'Ufficio dei defunti, il Salmo 51 (Miserere), la Salve Regina, forse Vespri e Compieta.
Miserere mei, Deus:
secundum magnam misericordiam tuam.
Et secundum multitudinem miserationum tuarum,
dele iniquitatem meam...
Pietà di me, o Dio,
secondo la tua misericordia;.
nel tuo grande amore
cancella il mio peccato...
(Miserere)
La folla lungo la strada per la ghigliottina era notoriamente rumorosa, rauca e offensiva. Il canto delle suore fu accolto con silenzio: "Il silenzio generale che salutava la processione è stato attestato da tutti i testimoni" (Bush).
Intorno alle 20, il carro delle vittime raggiunse la ghigliottina. Il boia era Charles-Henri Sanson, di una famiglia con sei generazioni di carnefici. Nel 1793 Charles-Henri giustiziò re Luigi XIV, mentre il figlio di Charles-Henri giustiziò la regina Maria Antonietta.
Ai piedi del patibolo, di fronte alla folla accalcata, scoli di sangue sulle strade, odori intensi, ghigliottina, le suore cantarono il Te Deum:
Te Deum laudamus: te Dominum confitemur.
Te aeternum Patrem, omnis terra veneratur.
Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, tutta la terra ti adora.
Prima di salire sul patibolo, ogni suora rinnovò i suoi voti e ricevette un'ultima benedizione, mani nelle mani della sua priora:
Permesso di morire?
Vai, figlia mia!
Cantarono Veni, Creator Spiritus mentre ogni suora s'incamminava alla morte.
Veni Creator Spiritus,
mentes tuorum visita,
imple superna gratia,
quae tu creasti, pectora.
Vieni, o Spirito creatore,
visita le nostre menti,
riempi della tua grazia
i cuori che hai creato
Suor Costanza, la più giovane e la prima a morire, secondo quanto riferito cantò il Salmo 117, Laudate Dominum omnes gentes salendo gli scalini.
Madre Teresa di Sant'Agostino, dopo aver benedetto ogni suora e guardato ogni martirio, fu l'ultima a morire. Salendo da sola sul patibolo, la donna quarantunenne si unì pochi istanti dopo alla festa nuziale dell'Agnello.
Altre 24 vittime sarebbero state ghigliottinate quella notte. I 40 corpi furono spogliati, inventariati e ricoperti di calce viva nelle fosse comuni di Picpus (a sua volta un ex convento sequestrato dai rivoluzionari).
Dieci giorni dopo - una settimana secondo i calcoli degli atei rivoluzionari - sarebbe stato ghigliottinato Robespierre, segnando la fine del Regno del Terrore.
Le suore furono rese venerabili da Papa Leone XIII nel 1904 e beatificate da Papa Pio nel 1906.
Molte religiose furono giustiziate allo stesso modo durante la Rivoluzione, ma le Carmelitane sono collegate unicamente a un gruppo di monache Benedettine. A un certo punto, le Carmelitane furono incarcerate con le Benedettine, che erano fuggite dall'Inghilterra soltanto per ritrovarsi intrappolate nelle rivoluzioni di Francia. (Dopo il regno di Enrico VIII, Inghilterra e Francia fecero commercio di persecuzioni e martiri. Esiste un archivio sull'argomento delle suore inglesi in esilio, si chiama Who Were the Nuns?).
Alle Benedettine fu risparmiato il martirio e vennero rispedite in Inghilterra nel maggio 1795. Alla fine si stabilirono nell'Abbazia di Stanbrook e scrissero una cronaca del loro periodo con le Carmelitane: "Le nostre Madri di Cambrai sono state compagne di prigionia delle Martiri di Compiègne. Dalle finestre della loro prigione hanno rivolto loro un amorevole addio e sono state testimoni della loro gioia mentre andavano al martirio" (dagli Archivi carmelitani di Baltimora).
Le Benedettine dell'Abbazia di Stanbrook sono state l'ispirazione del romanzo di Rumer Godden, In this House of Brede. In quello che è un omaggio, intenzionale o meno, alle Carmelitane e alle molte religiose spogliate dei loro diritti nel corso della storia, Godden scrive:
(Sharon Kabel, The Final Days of the Carmelites of Compiegne, OnePeterFive. Nostra traduzione)
Laudate Dominum, omnes gentes;
laudate eum, omnes populi.
Quoniam confirmata est super nos misericordia ejus,
et veritas Domini manet in aeternum.
Lodate il Signore, popoli tutti,
voi tutte nazioni dategli gloria,
perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura in eterno.
Madre Teresa di Sant'Agostino, dopo aver benedetto ogni suora e guardato ogni martirio, fu l'ultima a morire. Salendo da sola sul patibolo, la donna quarantunenne si unì pochi istanti dopo alla festa nuziale dell'Agnello.
Altre 24 vittime sarebbero state ghigliottinate quella notte. I 40 corpi furono spogliati, inventariati e ricoperti di calce viva nelle fosse comuni di Picpus (a sua volta un ex convento sequestrato dai rivoluzionari).
Dieci giorni dopo - una settimana secondo i calcoli degli atei rivoluzionari - sarebbe stato ghigliottinato Robespierre, segnando la fine del Regno del Terrore.
Le suore furono rese venerabili da Papa Leone XIII nel 1904 e beatificate da Papa Pio nel 1906.
Molte religiose furono giustiziate allo stesso modo durante la Rivoluzione, ma le Carmelitane sono collegate unicamente a un gruppo di monache Benedettine. A un certo punto, le Carmelitane furono incarcerate con le Benedettine, che erano fuggite dall'Inghilterra soltanto per ritrovarsi intrappolate nelle rivoluzioni di Francia. (Dopo il regno di Enrico VIII, Inghilterra e Francia fecero commercio di persecuzioni e martiri. Esiste un archivio sull'argomento delle suore inglesi in esilio, si chiama Who Were the Nuns?).
Alle Benedettine fu risparmiato il martirio e vennero rispedite in Inghilterra nel maggio 1795. Alla fine si stabilirono nell'Abbazia di Stanbrook e scrissero una cronaca del loro periodo con le Carmelitane: "Le nostre Madri di Cambrai sono state compagne di prigionia delle Martiri di Compiègne. Dalle finestre della loro prigione hanno rivolto loro un amorevole addio e sono state testimoni della loro gioia mentre andavano al martirio" (dagli Archivi carmelitani di Baltimora).
Le Benedettine dell'Abbazia di Stanbrook sono state l'ispirazione del romanzo di Rumer Godden, In this House of Brede. In quello che è un omaggio, intenzionale o meno, alle Carmelitane e alle molte religiose spogliate dei loro diritti nel corso della storia, Godden scrive:
"Non mi piace vedere queste", disse Frate John, toccando le grate
del parlatorio. "Attendo con impazienza il giorno nel quale le sbarre cadranno
e ci si potrà mescolare liberamente con gli ospiti - forse anche indossare abiti secolari come i loro".
"Proprio come abbiamo fatto un centinaio di anni fa", disse
la giovane consigliera, la dama Catherine Ismay.
Questo lo colse di sorpresa.
"Non lo sapevi?" domandò la dama Beatrice, dolcemente. "Quando siamo giunte
per la prima volta a Brede è in questo modo che abbiamo dovuto vivere.
Non potevamo indossare i nostri abiti e non ci è stata consentita la clausura fino al 1880.
Abbiamo dovuto combattere per ottenere le nostre grate".
[...]
"Abbiamo mandato avanti una scuola in quei giorni.
Ora, grazie a Dio, non è più necessario", disse la dama Agnes.
"Perché grazie a Dio?", lui era irritato.
"Perché ci ha allontanato dalla nostra giusta occupazione".
(Sharon Kabel, The Final Days of the Carmelites of Compiegne, OnePeterFive. Nostra traduzione)