Nel documento sul Coronavirus dell’Accademia vaticana per la vita, pubblicato il 22 luglio 2020,
formato da 4.200 parole, non vengono nominati né Dio, né Gesù Cristo, né la Madonna, né la
Chiesa, né i Sacramenti, né la Grazia, né lo Spirito Santo, né la preghiera, né la carità e neppure la
parola “cristiano”. In altri termini, è un documento che non ha assolutamente nulla di cattolico,
nulla di cristiano, nulla di religioso, nulla di spirituale: un documento perfettamente laico e
perfettamente ateo (perfino con qualche eco letteraria nietzschiana). In compenso, la parola
“solidarietà” ricorre ben tredici volte.
![]() |
Briganti italiani comandati da Cosimo Giordano, primo a sinistra, Cerreto Sannita (BN) |
Evidentemente, parlare di Dio o di Gesù Cristo, in un
frangente come quello dell’ora presente, sarebbe qualcosa di troppo rispetto all’indirizzo che si è
data la chiesa in uscita di Bergoglio: sarebbe poco ecumenico, darebbe fastidio ai non credenti e ai
seguaci delle altre fedi e metterebbe in secondo piano il vero protagonista di ogni discorso: l’uomo.
È un documento fatto per piacere a Bill Gates, a George Soros, a Emma Bonino, all’O.M.S. e tutti i
poteri forti, migrazionisti e omosessualisti, che imperversano in questo momento. In compenso, è
un documento che avrebbe fatto inorridire sant’Agostino, san Tommaso d’Aquino, santa Caterina
da Siena, san Giovanni Bosco, san Massimiliano Kolbe, san Pio da Pietrelcina e qualsiasi papa
anteriore al Concilio, e forse anche qualcuno posteriore ad esso. C’è perfino un passaggio, che qui
riportiamo, nel quale si nega apertamente l’origine dell’uomo come creatura di Dio, da Lui voluta e
prediletta fra tutte le altre (§ 1, 1):
Affioriamo da una notte dalle origini misteriose: chiamati a essere oltre ogni scelta, presto
arriviamo alla presunzione e alle lamentele, rivendicando come nostro quello che ci è stato
solamente concesso. Troppo tardi abbiamo imparato ad accettare l’oscurità da cui veniamo e a cui,
infine, torneremo.
L’oscurità da cui veniamo? L’oscurità alla quale torneremo? Ma stiamo scherzando? Questa è la
negazione frontale, deliberata e perciò satanica della Rivelazione di Cristo. Noi veniamo dalla Luce,
che è Dio, e alla Luce siamo chiamati a ritornare: questo è il messaggio di Cristo; questo ha sempre
insegnato la Chiesa cattolica; questo hanno sempre detto e ripetuto i mistici, i santi, i dottori, i padri,
i pontefici e i concili (fino al Vaticano II, beninteso; che, del resto, non era un concilio dottrinale ma
“solo” pastorale).
Alle critiche che gli sono state rivolte da alcune parti, ad esempio da Phil Lawler di Catholic
Culture o dal professor Stefano Fontana dalle pagine de La Nuova Bussola Quotidiana,
l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e consigliere
spirituale della Comunità di Sant’Egidio - quello, per intenderci, che ha commissionato il sacrilego
affresco omosessualista della cattedrale di Terni, all’epoca in cui era vescovo di quella diocesi - ha
risposto di aver voluto “comunicare” Dio in un modo che fosse accessibile a tutti, rivolgendosi ad
un pubblico il più ampio possibile, formato sia da credenti che da non credenti, e ha precisato che il
suo scopo era quello di affrontare “problemi seri” che hanno a che fare col futuro dell’umanità “nel
suo insieme”. Evidentemente per lui i problemi seri riguardanti il futuro dell’umanità si possono e si
devono affrontare tacendo il nome di Dio e ignorando il Vangelo di Gesù Cristo, sempre per non
creare spiacevoli divisioni. È altrettanto chiaro che, per lui, quando un problema riguarda tutti gli
uomini e non solo i cattolici, i cattolici devono auto-censurare la propria fede e trovare insieme agli
altri delle soluzioni che prescindano completamente dalla Rivelazione e dalla visione cristiana
dell’uomo e della vita.
![]() |
Ricardo Cinalli, La Risurrezione, Duomo di Terni |
Vale la pena di riportare uno stralcio dalla replica che Paglia, tramite l’Ufficio stampa
dell’Accademia per la Vita, ha voluto indirizzare al direttore de La Nuova Bussola Quotidiana,
Riccardo Cascioli, in relazione alle critiche di Stefano Fontana:
Abbiamo tre testi che vanno letti insieme: prima di tutto la Lettera «Humana Communitas» di Papa
Francesco alla Pontificia Accademia per la Vita (2019) in cui illustra le sfide alla vita nel contesto
di oggi. Quindi la Nota 1 del 30 marzo 2020 sulla pandemia e questa seconda Nota del 22 luglio
che non a caso titola «La Humana Communitas al tempo della pandemia».
Come diceva Giovanni XXIII, non è il Vangelo a cambiare, siamo noi a comprenderlo sempre
meglio. È questo il lavoro che sta facendo la Pontificia Accademia per la Vita, nel discernimento
costante: la fede, il Vangelo, la passione per l’umanità, declinati nei concreti accadimenti del
nostro tempo. Per questo sarebbe importante un dibattito sul merito dei contenuti di questi tre
documenti, da leggere insieme. Non so, a questo punto, se sia utile un lavoro di «contabilità»
filologica su quante volte qualche parola-chiave ricorre in un testo.
A noi preme entrare nelle situazioni umane, leggendole alla luce della fede, ed in una maniera che
parli alla più vasta platea possibile, ai credenti e ai non credenti, a tutti gli uomini e le donne «di
buona volontà».
La cosa più significativa, oltre alla bergogliana conversione della Christiana communitas nella
Humana communitas, con conseguente svuotamento del cristianesimo e annullamento della
missione specifica della Chiesa, annunciare il Vangelo, è la citazione di Giovanni XXIII: non è il
Vangelo a cambiare, siamo noi a comprenderlo sempre meglio. Nel discorso di apertura del
Concilio, dell’11 ottobre 1962, Giovanni XXIII aveva infatti affermato (§ 6, 5):
…occorre che la stessa dottrina sia esaminata più largamente e più a fondo e gli animi ne siano più
pienamente imbevuti e informati, come auspicano ardentemente tutti i sinceri fautori della verità
cristiana, cattolica, apostolica; occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve
prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi.
Abile espediente per fare finta che nulla cambi e intanto porre mano a cambiare tutto: la tesi della
continuità fra la Chiesa pre-conciliare e la Chiesa del Concilio e del post-Concilio è riassunta in
queste poche righe. Il Vangelo? Oh, ma il Vangelo è sempre quello: ci mancherebbe altro! Solo che
agli uomini moderni bisogna annunciarlo in maniera moderna: tutto qui. Pare poco, ed è la
premessa a qualsiasi stravolgimento. Fino al generale dei gesuiti Sosa Abascal il quale afferma che,
dopotutto, non avendo la registrazione delle precise parole di Cristo, noi non sappiamo cosa egli
disse davvero: il che è come mettere fra parentesi i Vangeli, e con ciò dichiarare ipotetica l’intera
Rivelazione, inutile l’esistenza della Chiesa e nulla l’efficacia dei Sacramenti.
Ora, tutti i
documenti del Vaticano II, e ancor più la loro, diciamo così, applicazione, presentano questa
caratteristica: affermano di non negare la Tradizione, di non discutere la perennità e immutabilità
del Vangelo, però sostengono che la sua comprensione può essere sempre più “approfondita”, e la
sua “comunicazione” resa sempre più efficace. Dove per “efficace” s’intende una qualità che
risponde alla categoria laica dell’utilità: è efficace ciò che funziona, indipendentemente dal suo
contenuto di verità. In questo senso, la tv è efficacissima: può dire tutto ciò che vuole, e subito
viene creduta. Ma il cristiano non ragiona così, né ha mai ragionato così; Gesù Cristo non ragionava
così. Colpisce il fatto che, per l’ennesima volta, questi signori, per giustificare il loro modus
operandi, non citano Gesù e il Vangelo (già; ma chi lo sa cosa disse realmente Gesù?), bensì il
Concilio e i papi del Concilio. Questa è una conferma della netta discontinuità, vale a dire della
rottura, che si è prodotta fra il prima e il dopo: prima del 1962-65 e dopo il 1962-65. E sono proprio
riflessioni di questo tipo che, dopo molti anni di studi e di ricerche, ci hanno condotti, non senza
una pena intima e quasi una battaglia interiore, a riconoscere l’origine dell’apostasia al vertice della
Chiesa non nel post-Concilio, ma proprio nel Concilio; e il primo responsabile, in ordine di tempo,
di questo perfido e sottile inganno, che ha fuorviato milioni e milioni di anime, nel cosiddetto “papa
buono”, ora anche santo (ma santificato da chi?), Giovanni XXIII. Gli indizi che portano alla sua
affiliazione alle logge massoniche sono solo un’aggiunta e una conferma.
Questo ci porta, insieme a molti altri dati di fatto e a molte altre circostanze oscure, o sospette, a
trarre la conclusione che i credenti sono rimasti soli: abbandonati e traditi dai loro pastori, spinti
deliberatamente sulla via dell’errore e addirittura incoraggiati al peccato, come monsignor Paglia
non ha mancato di fare, arrivando alla sfrontatezza di farsi raffigurare anche lui tra le anime che un
Cristo blasfemo, che in realtà è il Diavolo, chiama a sé dall’affresco di Terni, in mezzo a una folla
di sodomiti e invertiti tutt’altro che pentiti e tutt’altro che riconciliati con quel Gesù che ha detto: Se
il tuo occhio ti è di scandalo, strappatelo; se la tua mano o il tuo piede ti sono di scandalo,
tagliateli: perché è meglio per te entrare orbo, monco o zoppo nel Regno dei Cieli, che con
entrambi gli occhi, le mani e i piedi essere scaraventato nella Geenna! Dunque, oggi i credenti non
possono contare né sul papa, che non è un vero papa, né sui cardiali e suoi vescovi, in gran parte
massoni e membri della potentissima lobby gay vaticana, e neppure, nella maggior pare dei casi, sul
loro parroco, o sul catechista dei loro figli, o sull’insegnante di religione (approvato dal vescovo),
tutti ormai entrati a grandi passi, consapevoli o no, nella contro-chiesa diabolica che nel Nuovo
Testamento (Vangelo di Giovanni, Lettere paoline e Apocalisse) viene chiamata senza perifrasi la
Sinagoga di Satana.
Anche moltissimi religiosi e religiose degli ordini regolari, e perfino di quelli
contemplativi, hanno apostatato: ne abbiamo visto alcuni gettarsi col culo all’aria per adorare la
Pachamama nei Giardini Vaticani, nel luogo ove avvenne il martirio di San Pietro, e tanto ci è
bastato per non aspettarci nulla di buono neanche da essi. Le circostanze storiche hanno voluto (ma
non è certo un caso, bensì il frutto di un piano concordato) che mentre i fedeli si sentono, e sono
realmente, abbandonati a se stessi, ingannati e traditi dai loro pastori, anche il cittadino si trova
nella stessa condizione morale e materiale: lo Stato non c’è più, è stato acquisito dai poteri forti, e
tutti quelli che lo governano, e moltissimi di quelli che amministrano la giustizia, che fanno
informazione, che provvedono al mantenimento dell’ordine pubblico, non servono più il bene
pubblico, ma gli oscuri signori dai quali ricevono ordini e direttive, ad esempio quella di sottoporre
l’intera popolazione a una vaccinazione non necessaria, inutile, pericolosa e peggio, studiata
apposta per attuare, grazie ad essa, un controllo e un asservimento capillare di ogni singolo membro
della comunità. Ad eccezione dei nuovi abitanti dell’Italia e dell’Europa dei prossimi anni, quei
clandestini africani ai quali nessuno chiede i documenti e tanto meno i certificati medico-sanitari, e
che infatti scorrazzano di qua e di là, sempre senza far nulla tutto il giorno e a spese nostre, in attesa
di ricevere l’o.k. al loro definitivo insediamento. E mentre il governo Conte Bis si proroga di altri
tre mesi i poteri eccezionali in nome di uno stato di emergenza che non c’è più, con l’evidente
scopo di prolungare il più possibile la propria sopravvivenza politica, e nel silenzio assordante,
come del resto è stato sin dall’inizio della vicenda del Covid-19, di colui che dovrebbe fungere da
supremo garante della Costituzione (che non prevede nulla del genere, neppure in caso di reale
emergenza sanitaria), il Presidente della Repubblica, il cittadino, come il credente, si sente e si
accorge di essere effettivamente solo, del tutto solo, abbandonato a se stesso in un momento di
supremo sbandamento e confusione, con l’economia che sta andando a rotoli e migliaia, milioni di
piccoli imprenditori e commercianti che stanno fallendo.
Sì, questo è il tempo dei briganti: occorre prenderne atto, rinunciando senz’altro alle ultime
illusioni. Siamo soli, completamente soli, e dobbiamo provvedere da noi stessi alla nostra salvezza.
Che senso avrebbe, per un credente, mettersi a discutere con un Vincenzo Paglia? Si può forse
discutere con un interlocutore che non sbaglia in buona fede, ma che sta portando avanti l’agenda
del Nuovo Ordine Mondiale? E si può forse chiedere a Giuseppe Conte per quale motivo chiede
ancora poteri straordinari, se da settimane non si registra più un solo ricovero e un solo decesso da
Covid-19 (clandestini a parte, che il governo continua a lasciar entrare, a migliaia e migliaia)? Si
può forse discutere con Bergoglio, o con gli uomini del comitato tecnico-scientifico? Essi sanno
benissimo quel che stanno facendo; non stanno sbagliando nulla, stanno facendo tutto bene. Solo
che il loro lavoro non consiste nel preservare la Chiesa e lo Stato, difendendo la fede e il diritto, ma
nel distruggere la Chiesa e nel trasformare lo Stato in un’agenzia del Nuovo Ordine Mondiale. Però,
a ben guardare, non siamo soli del tutto. Come credenti, ci è rimasta la cosa più importante: Gesù
Cristo; come cittadini, ci resta il desiderio del bene comune. Sono due buone basi per ricominciare...
(Francesco Lamendola, Questo è il tempo dei briganti, Accademia Nuova Italia)