Anche noi, come Cristina Campo (qui), abbiamo bene in mente quel capolavoro di infatuazione mistica ad opera di fra Giovanni della Croce, La notte oscura dell'anima, con le sue strofe notturne che vogliono indicare un cammino spirituale: la via per l'unione amorosa con il divino, quindi per la perfezione.
In una notte oscura, / con ansie, dal mio amor tutta infiammata, / oh, sorte fortunata!, / uscii, né fui notata, / stando la mia casa al sonno abbandonata.Edward Burne-Jones, "Night", 1870 |
Al buio e più sicura, / per la segreta scala, travestita, / oh, sorte fortunata!, / al buio e ben celata, / stando la mia casa al sonno abbandonata.
Nella gioiosa notte, / in segreto, senza esser veduta, / senza veder cosa, / né altra luce o guida avea / fuor quella che in cuor mi ardea.
E questa mi guidava, / più sicura del sole a mezzogiorno, / là dove mi aspettava / chi ben io conoscea, / in un luogo ove nessuno si vedea.
Notte che mi guidasti, / oh, notte più dell’alba compiacente! / Oh, notte che riunisti / l’Amato con l’amata, / amata nell’Amato trasformata!
Sul mio petto fiorito, / che intatto sol per lui tenea serbato, / là si posò addormentato / ed io lo accarezzavo, / e la chioma dei cedri ei ventilava.
La brezza d’alte cime, / allor che i suoi capelli discioglievo, / con la sua mano leggera / il collo mio feriva / e tutti i sensi mie in estasi rapiva.
Là giacqui, mi dimenticai, / il volto sull’Amato reclinai,
tutto finì e posai, / lasciando ogni pensier / tra i gigli perdersi obliato.
Per questo ci pare davvero apprezzabile il nuovo libro della filosofa Francesca Rigotti (che insegna all'Università della Svizzera italiana e ha insegnato a Göttingen) intitolato Buio. Ha la pretesa di far riscoprire (con Omero e Leopardi, Lucrezio e Diderot, Rousseau e Novalis) la tenebra, l'oscurità come occasione per ritrovare se stessi. "Se la luce eccita la mente, il buio ci fa entrare in rapporto col nostro centro. Ci offre la possibilità di una visione «interna». Il buio ci serve per pensare.
Alla luce associamo il bene, la conoscenza, la verità, la giustizia. E al buio? Solo falsità, ignoranza, oscurantismo? Eppure, se le cose fossero sempre immerse nella luce, finiremmo per ubriacarci di un’illuminazione insopportabile per occhi e mente, condannati a non cogliere più nemmeno la bellezza di un cielo stellato. Momento di attesa e decantazione del pensiero, il buio abita nelle regioni dell’immaginazione e può essere fonte di idee irraggiungibili alla chiara luce del giorno".
Nel capitolo I, Il fulgore del buio, si legge che "Il buio è splendente e creativo. Hegel ci ricorda che la nottola di Minerva, l’uccello caro alla dea della sapienza, comincia il suo volo sul far della sera per suggerire che la comprensione ha inizio in uno stadio crepuscolare intermedio tra luce e buio e per ricordare che sono indispensabili al processo dell’intendimento e della creatività sia la luce dell’esperienza e della ragione sia l’oscurità della riflessione e dell’immaginazione. Anche se il pensiero occidentale, con l’inclinazione alla polarità che lo contraddistingue, tende a vedere luce e buio come principi in lotta, essi sono in realtà complementari e mutualmente correlati: «Tutto è pieno ugualmente di luce e di notte oscura, uguali ambedue, perché con nessuna delle due c’è il nulla»".
I capitoli successivi trattano Il sapere del buio (II), la Paura del buio (III), infine Il buio è, ed è bello. Quello che segue è invece il Prologo del saggio:
***
È stata una splendida giornata di sole, tersa e luminosa. Ora, al crepuscolo che precede il tramonto, il cielo si tinge di tonalità rossastre, con strisce di grigio più chiaro e più scuro. Verrà la notte. Lo sappiamo, la percepiamo, ne cogliamo i segni premonitori e ci poniamo in attesa del suo prezioso compagno, il buio. Ma proprio quando mente e occhi attendono il calare dell’oscurità che ci porterà nell’ambiente notturno, esattamente nel momento in cui l’organismo si predispone ad accogliere la nuova condizione atmosferica, ecco che – clic, tac, zac – partono i sistemi di illuminazione automatici e mille fari e faretti, alcuni blandi altri potentissimi, ecco che mille lampioni e lampadine ci sparano addosso fasci di lancinante luce artificiale, contro la quale siamo per lo più impotenti. La notte è finita ancor prima di cominciare. Il buio è stato scacciato, eliminato, ucciso, nei miei e in tantissimi luoghi del pianeta, come se ciò fosse incondizionatamente una buona cosa. Come se per vivere bene ogni cosa dovesse essere illuminata. Troppa luce sulla Terra? Sì. Siamo andati troppo in là, abbiamo esagerato. Dovevamo fermarci. E temo che siamo soltanto agli inizi di una progressiva eliminazione del buio dal pianeta, come se l’oscurità non avesse dignità di esistenza, fosse non-essere, assenza, mancanza, privazione.
Dopo aver raggiunto uno stadio nel quale, grazie ai progressi della scienza e della tecnica, nei nostri paesi v’era un livello di illuminazione adeguato a soddisfare i più diversi scopi – per esempio sicurezza di movimento e comodità abitativa e di lavoro – ma rimaneva anche una quota sufficiente di buio, ora in molti luoghi, soprattutto urbani, il buio non c’è più. Scomparso, soppresso, vinto e battuto, divenuto un privilegio per ricchi raffinati, che infatti vanno a cercarlo in località remote e incontaminate, mentre altri ricchi, stolti e paurosi, immergono in fasci di luce ogni angolo delle loro lussuose dimore; e anche di quelle meno lussuose, con esse sfortunatamente confinanti.
Eppure il buio è bello, lo sappiamo tutti. Il buio dell’intimità, dell’introspezione, della meditazione. Il buio della calma serale e del riposo notturno. Se la luce alimenta la ragione, il buio abita nelle regioni dell’immaginazione. Quando la luce eccita il pensiero, il buio calma la mente ansiosa ed è fonte di idee irraggiungibili alla chiara luce del giorno.
Il buio offre una condizione di pienezza di vita e una ricchezza speculativa che andremo a esplorare, soprattutto da un punto di vista concettuale, in questo piccolo libro, nel quale e con il quale cercheremo di recuperare i pregi dell’oscurità. «Buio» sarà la nostra parola controtempo, sarà per noi la parola all’«ordine della notte».
Nel capitolo I, Il fulgore del buio, si legge che "Il buio è splendente e creativo. Hegel ci ricorda che la nottola di Minerva, l’uccello caro alla dea della sapienza, comincia il suo volo sul far della sera per suggerire che la comprensione ha inizio in uno stadio crepuscolare intermedio tra luce e buio e per ricordare che sono indispensabili al processo dell’intendimento e della creatività sia la luce dell’esperienza e della ragione sia l’oscurità della riflessione e dell’immaginazione. Anche se il pensiero occidentale, con l’inclinazione alla polarità che lo contraddistingue, tende a vedere luce e buio come principi in lotta, essi sono in realtà complementari e mutualmente correlati: «Tutto è pieno ugualmente di luce e di notte oscura, uguali ambedue, perché con nessuna delle due c’è il nulla»".
I capitoli successivi trattano Il sapere del buio (II), la Paura del buio (III), infine Il buio è, ed è bello. Quello che segue è invece il Prologo del saggio:
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È stata una splendida giornata di sole, tersa e luminosa. Ora, al crepuscolo che precede il tramonto, il cielo si tinge di tonalità rossastre, con strisce di grigio più chiaro e più scuro. Verrà la notte. Lo sappiamo, la percepiamo, ne cogliamo i segni premonitori e ci poniamo in attesa del suo prezioso compagno, il buio. Ma proprio quando mente e occhi attendono il calare dell’oscurità che ci porterà nell’ambiente notturno, esattamente nel momento in cui l’organismo si predispone ad accogliere la nuova condizione atmosferica, ecco che – clic, tac, zac – partono i sistemi di illuminazione automatici e mille fari e faretti, alcuni blandi altri potentissimi, ecco che mille lampioni e lampadine ci sparano addosso fasci di lancinante luce artificiale, contro la quale siamo per lo più impotenti. La notte è finita ancor prima di cominciare. Il buio è stato scacciato, eliminato, ucciso, nei miei e in tantissimi luoghi del pianeta, come se ciò fosse incondizionatamente una buona cosa. Come se per vivere bene ogni cosa dovesse essere illuminata. Troppa luce sulla Terra? Sì. Siamo andati troppo in là, abbiamo esagerato. Dovevamo fermarci. E temo che siamo soltanto agli inizi di una progressiva eliminazione del buio dal pianeta, come se l’oscurità non avesse dignità di esistenza, fosse non-essere, assenza, mancanza, privazione.
Dopo aver raggiunto uno stadio nel quale, grazie ai progressi della scienza e della tecnica, nei nostri paesi v’era un livello di illuminazione adeguato a soddisfare i più diversi scopi – per esempio sicurezza di movimento e comodità abitativa e di lavoro – ma rimaneva anche una quota sufficiente di buio, ora in molti luoghi, soprattutto urbani, il buio non c’è più. Scomparso, soppresso, vinto e battuto, divenuto un privilegio per ricchi raffinati, che infatti vanno a cercarlo in località remote e incontaminate, mentre altri ricchi, stolti e paurosi, immergono in fasci di luce ogni angolo delle loro lussuose dimore; e anche di quelle meno lussuose, con esse sfortunatamente confinanti.
Eppure il buio è bello, lo sappiamo tutti. Il buio dell’intimità, dell’introspezione, della meditazione. Il buio della calma serale e del riposo notturno. Se la luce alimenta la ragione, il buio abita nelle regioni dell’immaginazione. Quando la luce eccita il pensiero, il buio calma la mente ansiosa ed è fonte di idee irraggiungibili alla chiara luce del giorno.
Il buio offre una condizione di pienezza di vita e una ricchezza speculativa che andremo a esplorare, soprattutto da un punto di vista concettuale, in questo piccolo libro, nel quale e con il quale cercheremo di recuperare i pregi dell’oscurità. «Buio» sarà la nostra parola controtempo, sarà per noi la parola all’«ordine della notte».