La filosofa femminista Camille Froidevaux-Metterie, professoressa di scienze politiche e responsabile del progetto uguaglianza all'Università di Reims, ha pubblicato Seins, en quête d'une liberation ("Seni, in cerca di una liberazione", Éditions Anamosa, 221 pagine, € 20). Ha incontrato una quarantina di donne che le hanno parlato di questa parte del loro corpo e hanno "srotolato il filo della loro vita attraverso il prisma dei loro seni": nascita dei seni, reggiseno, sessualità, maternità, malattia... Sede dell'allattamento, del piacere, dell'apparenza, i seni sono anche oggetto di fantasie e ingiunzioni. Per la filosofa, sono un simbolo della condizione delle donne, tra alienazione e liberazione. Intervista.
Edouard Manet, La blonde aux seins nus, olio su tela (1878 circa), Musée d'Orsay, Parigi |
I seni, soggetto dimenticato dalle femministe?
I corpi delle donne sono al centro delle lotte femministe degli ultimi anni, nelle loro dimensioni più intime (mestruazioni, clitoride, violenze sessuali, ecc.), ma i seni sono curiosamente esclusi da questa dinamica di riappropriazione. Tuttavia condensano tutte le tematiche corporali femminili (aspetto, maternità, sessualità...). Questo è ciò che mi ha motivato ad andare a incontrare donne alle quali ho chiesto di srotolare il filo della loro vita attraverso il prisma dei loro seni. Sono queste 40 interviste che formano la materia del mio libro.
Da molto tempo, una forma di seni si è imposta come una norma...
Dall'Antichità greca al giorno d'oggi, le rappresentazioni dei seni delle donne nell'arte sono molto omogenee: un seno a forma di mezza mela, cioè rotondo, alto e sodo. Anche se ci sono stati periodi nei quali altre forme di seni sono state popolari. Nel XVII secolo ad esempio, nel mondo protestante, che esaltava la maternità, troviamo rappresentazioni di donne dai seni imponenti, seni che avevano allattato. Oggi, i seni raffigurati nei film, nelle serie e nelle pubblicità sono tutti, più o meno, a forma di mezze mele.
Lontano dalla realtà...
Sono davvero molto diverse, come dimostrano le "foto di seni" che le donne che ho incontrato hanno accettato di fare. Le loro forme e i volumi sono molto variegati, ma anche le areole e i capezzoli. Uno non può neanche immaginare l'infinita diversità dei seni delle donne, perché non ne abbiamo alcuna rappresentazione. Inoltre, i seni non sono mai gli stessi, cambiano durante il ciclo, a seconda delle circostanze della vita, ma anche dell'umore o dell'età. Questa fluidità è stata una scoperta dell'indagine, ci dice quanto abbiamo bisogno di accettare i nostri seni così come sono.
Ma le donne interiorizzano questa norma della "mezza mela"?
Molto presto, in quel periodo delicato nel quale i loro seni iniziano a crescere, le ragazze hanno consapevolezza di questa norma che viene imposta dall'esterno e se i loro seni nascenti non si conformano ad essa sviluppano dei complessi. I seni grandi sono stigmatizzati, ma è lo stesso con il non averne. Le donne usano soprattutto reggiseni imbottiti per cercare di aderire alla norma comune. Questi reggiseni "push-up" si sono sviluppati a partire dagli anni Novanta. Testimoniano una sorta di "recorsettizzazione" dei reggiseni, che sono stati creati alla fine dell'Ottocento proprio per rimpiazzare i corsetti.
A che servono i seni?
Sono allo stesso tempo il simbolo della maternità e del piacere, allo stesso tempo allattanti ed eccitanti. Questo li pone in una sorta di paradosso permanente. Questo probabilmente spiega perché la società chiede alle donne di nascondere non i seni ma soprattutto i capezzoli, che sono l'organo preciso dell'allattamento e del piacere sessuale.
Lei dice che i seni delle donne non appartengono proprio più a loro...
Direi anche che non gli appartengono affatto. Un esempio forte lo testimonia: donne colpite da un cancro al seno raccontano la pressione che hanno subito per farsi ricostruire i seni dopo la mastectomia. Però, come ha rivelato l'associazione Les Amazones, un grande maggioranza tra loro non vuole affatto la ricostruzione. Per i chirurghi d'altra parte, spesso uomini, l'idea che una donna possa non avere seno o non averne più di uno è impensabile.
Il confinamento ha dato slancio a un movimento come "No Bra" ("niente reggiseno").
In questo periodo le donne si sono ritrovate in una maniera inedita liberate dagli sguardi esterni, affrancate da quello scrutinio che subiscono quando escono nello spazio pubblico. Hanno potuto, alora, cambiare la loro pratica quotidiana, la loro routine estetica e liberarsi da un certo numero di ingiunzioni, tra le quali portare il reggiseno. Un sondaggio ha indicato che l'8% delle donne ha smesso di indossare il reggiseno dopo il confinamento, e il 20% di quelle tra i 18 ei 25 anni, il che ci dice alcune cose su questa aspirazione alla liberazione dei seni che si riscontra in modo un po' più marcato nella nuova generazione.
Questo movimento non è solo un'aspirazione a liberare i propri seni per un maggiore comodità e libertà. Esprime anche un rifiuto a quella formattazione che producono i reggiseni imbottiti, e la volontà di rendere visibili tutte le forme dei seni.
Allo stesso tempo, il movimento Free The Nipple ("liberate il capezzolo") difende il fatto di poter apparire a torno nudo in pubblico.
Al di là di questi movimenti, cos'è che può aiutare le donne a riappropriarsi dei propri seni?
Spetta a marchi di moda, giornalisti, artisti, registi, registe, rivelare e banalizzare la diversità dei seni, in modo che le ragazze e le donne possano accettare i loro seni come appaiono e come si evolvono. Dobbiamo sbarazzarci di questa idea che i nostri seni non sono mai abbastanza belli. È una lotta che è lontana dall'essere aneddotica, s'iscrive nella potente dinamica attuale della ripresa di controllo, da parte delle donne, dei loro corpi in tutte le loro dimensioni.
Al di là di questi movimenti, cos'è che può aiutare le donne a riappropriarsi dei propri seni?
Spetta a marchi di moda, giornalisti, artisti, registi, registe, rivelare e banalizzare la diversità dei seni, in modo che le ragazze e le donne possano accettare i loro seni come appaiono e come si evolvono. Dobbiamo sbarazzarci di questa idea che i nostri seni non sono mai abbastanza belli. È una lotta che è lontana dall'essere aneddotica, s'iscrive nella potente dinamica attuale della ripresa di controllo, da parte delle donne, dei loro corpi in tutte le loro dimensioni.
(Carine Janin, intervista a Camille Froidevaux-Metterie, « En réalité, les seins des femmes ne sont pas ronds, hauts ni fermes », Ouest France. Nostra traduzione)