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La società automatica

Accolta con la solita alzata di sopracciglio dalla grande stampa italiota, è di ieri 6 agosto la notizia della morte del filosofo francese Bernard Stiegler. Aveva 68 anni. L'annuncio è stato dato dal Collège international de philosophie.

Il filosofo francese Bernard Stiegler, 1952-2020

Sia chiaro: non era uno stinco di santo. Come sottolinea il quotidiano Figaro (qui), Stiegler aveva studiato filosofia a distanza durante un "soggiorno" di cinque anni in carcere a seguito di una condanna per diverse rapine a mano armata in banca. Comunque, sostenuto da Jacques Derrida, aveva infine sostenuto la sua tesi nel 1993 all'École des Hautes Etudes en Sciences Sociales.

Libération (qui) lo ricorda per aver creato nel 2005 il gruppo di riflessione filosofica Ars industrialis, all'interno del quale incoraggiava a rinnovare il nostro modo di pensare il nostro rapporto con la tecnica e in particolare con gli algoritmi. Dal 2006 è stato anche a capo dell'Institut de recherche et d'innovation al Centre Pompidou.

Ha insegnato filosofia perfino in Cina, all'Università di Nanchino. Più recentemente, questo ex membro del PCF (Partito Comunista Francese) post-maggio Sessantotto era diventato presidente dell'associazione degli amici della generazione Thunberg, sulla quale aveva anche pubblicato un saggio, la Leçon de Greta Thunberg, uscito nel gennaio scorso.

Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo La società automatica, Reincantare il mondo: il valore spirito contro il populismo industriale, L' ingovernabile: due lezioni sulla politica, Ecografie della televisione, Amare, amarsi, amarci, Il chiaroscuro della rete, Prendersi cura: della gioventù e delle generazioni Platone digitale: per una filosofia della rete.

Ospite alcuni mesi fa dell'Università di Padova (qui) per presentare il suo libro sulla società automatica, Stiegler aveva detto: "È evidente che, quanto più se ne parla, meno siamo dentro una società creativa. Viviamo in realtà in un'economia segregazionista, che esclude l'individuo e il cittadino".

Secondo lo studioso anche nella società dell'informazione libertà e creatività conservano alcuni spazi, soprattutto quando sono al servizio della grandi multinazionali, ma questo non toglie che il carattere dominante sia quello del controllo, anzi dell'ipercontrollo del singolo attraverso una tecnologia sempre più occhiuta e pervasiva.

Si tratta di quella che lo stesso Stiegler definisce la società automatica, nella quale i cittadini/consumatori – dietro il pretesto di strumenti sempre più facili da usare e user friendly, il cui funzionamento sfugge completamente alla comprensione dell'utente – sono in realtà sorvegliati in ogni aspetto della loro vita. Un mondo in cui il potere è sempre più spersonalizzato e demandato agli algoritmi, procedure automatiche progettate proprio per instradare in modo apparentemente soft le scelte dell’utente.

Un modello di organizzazione tutt'altro che democratico e che negli ultimi tempi sembra sempre più diretto al collasso, segnato com'è dal consumismo esasperato, dal nichilismo e dalla perdita di senso di un mondo che va avanti senza neanche più chiedersi il perché, automaticamente per l'appunto. "Una società in cui la creatività è distrutta, in cui tutti siamo destinati a essere proletarizzati, sostituiti da macchine che calcolano".

Oggi l'essere umano rischia di diventare progressivamente l'appendice inutile e inquinante di una grande rete informatica, ma la via d'uscita non sta nel ripudio dei computer e di internet: "Non sono affatto contrario alla tecnologia, penso solo che quella che stiamo sviluppando oggi sul modello della Silicon Valley sia estremamente tossica. Del resto il primo a dire che la sua scoperta poteva essere pericolosa è stato nel 1948 Norbert Wiener, considerato il padre della cibernetica".

La nuova economia dell'informazione, al di là dei proclami, si sta rivelando una fucina inesauribile di disuguaglianze. Da una parte infatti, argomenta Stiegler nel suo libro, essa concentra esclusivamente in pochi soggetti i profitti, mentre dall'altra spinge a indebitarsi per mantenere uno stile di vita basato sul consumo: "Attualmente la situazione economica è estremamente grave. Le banche e il mercato non sono più solvibili, ci stiamo dirigendo verso una nuova crisi economica e per di più dobbiamo anche fronteggiare le sfide derivanti dall'antropocene e dalla lotta all'entropia (come i cambiamenti climatici e l'inquinamento, ndr). Per questo assieme ad altri studiosi stiamo sviluppando la sperimentazione di un nuovo modello di economia contributiva, in cui gli algoritmi e la tecnologia siano usati per le persone invece che per controllarle. Un sistema basato non più sul concetto di impiego (emploi) in senso keynesiano ma su quello di lavoro (travail)".

Una proposta che non coincide con la previsione di un reddito universale, ma che si propone di contabilizzare nella produzione di valore anche i numerosi saperi e le attività umane che al momento ne sono esclusi, come ad esempio la cura della persona, in particolare bambini e anziani. "Per il momento non si tratta di rovesciare il capitalismo ma di passare a una sua nuova forma. Oggi l'obiettivo primario è di fronteggiare le crisi che abbiamo di fronte, in particolare quella climatica".