"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

Quer pasticciaccio brutto de viale Mazzini

Il 23 maggio 1992 la tv di Stato si rese protagonista di un episodio tra i più discutibili di tutta la sua ultrasessantennale storia. Quel giorno, un sabato, a poche ore dal terribile attentato in cui perse la vita il Giudice Giovanni Falcone, Rai1 non modificò la propria programmazione, ma preferì mandare in onda la serata finale del varietà Scommettiamo che..?. Una scelta infelice, che scatenò numerose critiche da parte del pubblico, degli addetti ai lavori e del mondo politico.


Subito dopo il Tg1 della sera - nonostante la disponibilità da parte dell'allora direttore del Tg Bruno Vespa di offrire al pubblico uno spazio informativo sul grave attentato - si accesero le luci del Teatro delle Vittorie. Davanti alle telecamere un imbarazzato Fabrizio Frizzi in smoking che, dopo un iniziale discorso in cui si motivava la scelta di andare in onda ("non mancare all'appuntamento con chi ci ha seguito con affetto da nove settimane [...] senza dimenticare la tragedia avvenuta e l'orrore che proviamo come cittadini"), diede il via alla puntata finale del varietà diretto da Michele Guardì. In quella serata, tra ragazzi in grado di far girare vorticosamente un pallone da pallacanestro su un dito per un'ora, ed altri pronti ad eseguire centodiciotto scambi in un minuto, giocando a ping-pong, trovò spazio un'unica edizione straordinaria del Tg1, con la giornalista Angela Buttiglione alla conduzione, costretta in tempi brevissimi a mostrare le prime immagini dell'attentato e mettere fretta all'inviato recatosi in quel di Capaci. Soltanto intorno alle 23.00, con la partenza della rubrica Linea Notte, gli spettatori poterono avere ulteriori notizie.

A distanza di anni dal "pasticciaccio di viale Mazzini" la scelta di mantenere praticamente immutato il palinsesto appare ancora un giallo. Nei giorni successivi al discutibile episodio partì, infatti, uno scaricabarile che infastidì non poco il CdA Rai. Come riportato da La Repubblica del 26 maggio 1992, numerose critiche arrivarono dall'allora consigliere del Pds Antonio Bernardi, che dichiarò: "Si è trattato di un'insensibilità inammissibile per un servizio pubblico, ma anche di una concezione burocratica del rispetto dei palinsesti. Non è stata un'idea felice trasmettere Scommettiamo che?, ma anche senza sospendere il programma di RaiUno, si poteva ottenere un'informazione non-stop su un'altra rete, oppure combinare una staffetta tra i tre tg. Sulle responsabilità bisognerà ottenere chiarimenti in consiglio. Ma se così fosse ci troveremmo davanti a un coordinamento tv inadeguato. Sono errori non solo di insensibilità politica, ma anche di linea editoriale. C'è un problema morale del servizio pubblico e poi ce n'è uno di incompetenza".

Importanti critiche arrivarono anche dal Presidente della Rai in carica Walter Pedullà, che in un Consiglio d'amministrazione, convocato appositamente per discutere quanto accaduto quel sabato sera, affermò che "la Rai non è in sintonia con la sensibilità del pubblico", e mise in guardia i presenti dai rischi che un ritardo culturale ed una concorrenza esasperata con i privati sul fronte dell'audience potrebbero comportare per il servizio pubblico.

Capro espiatorio della triste vicenda fu inevitabilmente il buon Fabrizio Frizzi, costretto, come da lui stesso dichiarato in quelle ore, ad andare in onda contro la sua volontà. In una nota diffusa dall’ufficio stampa Rai il 25 maggio, però, l'allora direttore di Rai1 Carlo Fuscagni negò che a Frizzi fosse stato imposto di condurre la puntata. "Frizzi non ha mai chiesto né al responsabile della trasmissione Maffucci, né all'autore e regista Guardì, né ad altri, di non andare in onda. Ha letto, condividendole, le parole di introduzione al programma che in parte lui stesso ha suggerito, in cui si esprimeva l'orrore per la disumana strage di Palermo".

Responsabilità a parte, per Fabrizio Frizzi quel sabato sera - che per un curioso caso del destino vedeva il suo show sulle scommesse libero dalla concorrenza di Canale5 con Corrado e La Corrida, non in onda per uno sciopero delle maestranze Fininvest - rimane uno dei momenti più difficili della lunga carriera. Lo stesso conduttore, in un'intervista rilasciata a La Repubblica il 13 agosto 1993, tornò sull'argomento, esprimendo in maniera ancora più dettagliata il suo pensiero riguardo l'incresciosa vicenda: "Non sopporto l'idea di essere diventato per quella sera il simbolo del cinismo e della superficialità. Mi fa ancora male, sono stato travolto senza rendermene conto, ma i commenti negativi che mi sono beccato ci stanno tutti. Io non credo di essere un uomo coraggioso, ma nemmeno il contrario. Non ero io che dovevo decidere: dissi che non me la sentivo. E loro hanno insistito. Non ho avuto le palle per andarmene a casa. Non ci vedo cinismo all'americana, anche se un programma come 'Scommettiamo che' ha dei contratti con gli sponsor che deve onorare. Ci vedo di più l'incapacità di decidere. Non so... qualcuno disse 'non dobbiamo dare l'impressione che il paese si fermi' […] Ho letto di Luca Giurato che ha detto: io al posto di Frizzi avrei organizzato subito un dibattito. Sciocchezze, anche il più bravo dei giornalisti non può improvvisare una tavola rotonda in un momento come quello, vestito con lo smoking e con i concorrenti in studio. Con quale faccia tosta avrei potuto parlare di Falcone? Quella sera detti io a Rita [Dalla Chiesa] la notizia. E le chiesi di venire da me. Mentre io andavo in onda lei era in camerino che seguiva i telegiornali. Ovviamente quella tragedia l'ha riportata all'assassinio di suo padre. Credo che mia moglie sia stata sin troppo rispettosa del mio lavoro".