"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

Tante formule tecniche e nessun programma

Di fronte al progressivo, irrimediabile depauperamento del dibattito parlamentare italiano, proponiamo qui uno stralcio iniziale dal primo discorso alla Camera di Giorgio Almirante, fresco deputato. Era il 4 giugno 1948, ma alcuni temi (che evidenziamo in neretto) suonano di forte attualità. Almirante moriva il 22 maggio 1988, dopo mesi di sofferenze e di ricoveri, nella clinica romana Villa del Rosario.


"Onorevoli colleghi, al termine delle sue lunghe, minuziose e consentitemi la parola - gelide dichiarazioni, il Capo del Governo ha cortesemente detto che dalla discussione che oggi si inizia in questa Assemblea egli attende un contributo di forza, di autorità e di consigli. Ahimé! Non soltanto perché io sono fra i primissimi a prendere la parola fra i deputati che non fanno parte della coalizione governativa, ma anche perché sono nuovo a questo ambiente e a questi dibattiti, io temo davvero di non potere dare un contributo di forza né di d’ autorità e temo anche che il Capo del Governo non ascolterebbe il mio consiglio.

Ho però una presunzione: quella di potere ispirare a lui ed a quest’Assemblea, che così spesso si dimostra faziosa e così spesso, purtroppo, si dimentica del paese, di potere, dico, ispirare una speranza: la speranza cioè, che anche qui dentro si possa svolgere un’opposizione serena, un’opposizione intonata soltanto agli interessi dell’Italia, nel nome dei quali il Movimento sociale italiano intenderà battersi sempre.

Premetto che non mi occuperò della parte sociale, economica e finanziaria, trattata dal Presidente del Consiglio, in quanto su questo argomento vi intratterrà uno dei miei colleghi. Noi non siamo onniscienti e non abbiamo la ventura di avere nel nostro Movimento uno di quei capi a tutto fare, che sono la delizia di altri partiti.

In primo luogo, ho da fare un rilievo di carattere generale. Nel discorso del Presidente del Consiglio ho rilevato una singolare assenza di principi; vi ho individuato molte formule, ma non sono riuscito ad individuare un programma. Mi sono venuti in soccorso quei giornali, che si chiamano indipendenti e che, come sapete, non nascondono le loro simpatie vivissime per il partito di maggioranza. Essi hanno spiegato che si trattava di un discorso tecnico. È esatto. Ma voi sapete che la tecnica non è un fine; è un mezzo, è uno strumento. Voi sapete che, usando lo stesso strumento, il modesto vassallo lavora la creta e ne fa degli umili utensili, mentre l’abile artefice, con la stessa creta fa deliziose e delicatissime anfore. Leggendo attentamente le dichiarazioni del presidente del Consiglio, io mi domandavo assai spesso se mi trovassi di fronte al vasaio o all’artista.

I giornali indipendenti, di cui parlavo prima, mi sono venuti anche a soccorrere dandomi un’altra spiegazione e dicendomi: «Attendete il Governo alla prova; aspettate i fatti; i fatti verranno». Esatto anche questo. È chiaro: noi attendiamo il Governo alla prova. Ma il Governo alla prova lo avremmo atteso in ogni caso, anche se le dichiarazioni del Presidente del Consiglio fossero state più esaurienti. Piuttosto, la spiegazione vera io l’ho trovata nello stesso discorso del Presidente del Consiglio, quando all’inizio egli ci ha spiegato quale è stata la formula con cui ha proceduto alla composizione o, meglio, per parlare con questo triste gergo parlamentare, al rimpasto del Governo. È la solita formula, che conosciamo da tempo: è la formula della conciliazione degli opposti. Di questa formula si è occupato e preoccupato anche il collega che mi ha preceduto. Ma io me ne occupo e preoccupo per ragione diversa. Egli ha espresso la preoccupazione che si faccia troppo dirigismo; io esprimo la preoccupazione che non si diriga nulla, che si faccia del nullismo.

Sulla barca governativa sono stati accolti dei remiganti i quali indubbiamente vogliono remare in direzioni opposte: al centro di questa barca l’onorevole De Gasperi ha innalzato una bianca vela, la vela del progressismo e dell’innovazione; giacché ci ha comunicato nel suo discorso che la Democrazia cristiana è un partito innovatore e progressista. Ma noi temiamo fortemente che, remando gli uni in un senso e gli altri nell’altro e mancando purtroppo ancora il buon vento degli effettivi del paese, la barca si areni nelle solite secche. Temiamo fortemente di sentir dire ancora una volta che il cambio della moneta si doveva fare, ma non si è potuto fare per ragioni di Governo, che la riforma agraria si doveva fare, ma non si è potuta fare per ragioni di Governo, che la riforma industriale si doveva fare, ma non si è potuta fare per ragioni di Governo. Noi temiamo fortemente che si parli ancora una volta delle ragioni di Governo, delle ragioni di partito, delle ragioni di Parlamento e ci si dimentichi come spesso accade delle ragioni del paese che ci guarda ed attende da noi una parola di fede,di speranza; che vuole che noi lavoriamo per lui, perchè è il paese che ci ha mandato qui.

Io temo fortemente che i malanni, che nei tempi passati ci procurarono le esarchie e le triarchie, si ripetono con questa tetrachia: sono i malanni della coabitazione,che gli italiani, ahimè, ben conoscono. Io capisco perfettamente che per l’onorevole De Gasperi sia molto più gradevole coabitare con l’onorevole Saragat e con l’onorevole Giovannini, che sono persone distinte e ben educate, piuttosto che con gli onorevoli Nenni e Togliatti,con i quali non andavano troppo d’accordo. Ma non è questo che ci interessa che non si coabiti più e che si lavori in un determinato senso e ci si dica dove si vuol portare questa famosa navicella governativa.

La Democrazia cristiana ha raccolto suffragi importanti: ha una grossa responsabilità e deve rispondere di questa responsabilità. Il paese esige che l’epoca dell’irresponsabilità cessi definitivamente, perché troppi danni ci hanno già arrecato. Veramente, almeno un principio è stato affermato dall’onorevole De Gasperi: quello della democrazia rispettata. Dopo la democrazia occidentale e quell’orientale, dopo la democrazia diretta, tanto cara all’onorevole Togliatti, abbiamo imparato cosi una nuova definizione della democrazia, in attesa di apprendere e di vedere in atto finalmente la democrazia senza aggettivi; o, se un aggettivo vogliono darle, perché non chiamarla democrazia amata e perché non farla finalmente amare dal popolo? Infatti rinnovando e aggiornando un motto celebre, si potrebbe veramente dire: o democrazia, quanti delitti ed errori sono stati commessi in tuo nome in questo dopoguerra! Per evitare altri errori l’onorevole De Gasperi ha indicato il sistema, dicendo che vuol rafforzare l’autorità dello stato. Sta bene.Vorremmo però sapere qualcosa circa la riforma della burocrazia civile, alla quale ha accennato e che è tanto importante sempre a questo riguardo, egli ha detto che vuole l’autodisciplina dei partiti. Mi permetta di osservare che si pecca un pochino d’ ingenuità,quando si chiede l’autodisciplina agli odierni partiti italiani, che non hanno nemmeno la disciplina. Si tratterà piuttosto di far valere sul serio i principi della Costituzione e di far sì che i partiti e le assemblee e gli organi di Governo siano effettivamente rappresentativi della volontà popolare e non di quella di ristrette minoranze oligarchiche...".