"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

Memoria, tradizione, religione, identità

Il 21 maggio 2013, lo storico francese Dominique Venner si tolse la vita con un colpo di pistola che rimbombò tra le navate della cattedrale parigina di Notre Dame.


Per il settimo anniversario della morte, il sito ufficiale ha ripubblicato il suo editoriale al numero 28 della Nouvelle Revue d'Histoire, uscito nel gennaio 2007. Quell'edizione della rivista era dedicata ai legami e ai conflitti tra politica e religione. Ecco, nella nostra traduzione, cosa Venner scrisse:

In questi giorni, l'ascesa dell'islamismo, l'affermazione dell'ideologia religiosa americana e le manifestazioni di molteplici risvegli di identità, danno a queste questioni un'attualità bruciante e talvolta minacciosa.

Le riflessioni sulla religione e la politica, la religione e l'identità dei popoli sono al centro del nostro dossier. Queste sono per me le questioni capitali dell'epoca nella quale siamo entrati.

Dalil Boubakeur, rettore della moschea di Parigi, presidente del Consiglio francese del Culto musulmano, contribuisce a far luce sul dibattito offrendo dell'islam una definizione autorizzata. L'islam, dice, è "al tempo stesso una religione, una comunità, una legge e una civiltà. [...] Non sono musulmani solamente coloro che praticano i cinque pilastri dell'islam, ma tutti coloro che appartengono a questo insieme identitario" (dichiarazioni. riportate da Le Figaro Magazine di sabato 29 giugno 2002). La parola importante è identità. Quindi l'islam non è soltanto una religione. È anche qualcosa di diverso da una religione: "una comunità, una legge, una civiltà".

Questa interpretazione va messa in rapporto con qualche altra. Così, in un libro recente, il filosofo André Comte-Sponville parla di amici suoi che si definiscono "Ebrei atei". L'espressione l'ha sconcertato. Uno non immagina un cristiano che si dica "cristiano ateo". Ne ha parlato con un ex compagno di prima superiore, una volta militante maoista: "Ma allora, adesso, credi in Dio?" (André Comte-Sponville, L'Esprit de l'athéisme, Albin Michel, 2006). Sorriso: "Sai, per un Ebreo, credere o no in Dio, non è davvero questa la questione importante ...".

Per Comte-Sponville, cresciuto nel cattolicesimo, è al contrario la questione centrale della religione. Il suo amico gli spiega che è abbastanza diverso per lui: "Dio non esiste, ma noi siamo il suo popolo eletto...". Per lui, essere ebreo, ecco significa l'attaccamento a una certa storia, a una certa tradizione, a una Legge, a un Libro, a una comunità. Un attaccamento che ha permesso al suo popolo di sopravvivere attraverso i secoli, senza Stato, senza terra, "senz'altro rifugio che la memoria e la fedeltà".

Quando si è immersi nella cultura cristiana, universalista, questo sorprende. Tuttavia, molte altre religioni, perfino l'islam, come abbiamo detto, e ovviamente l'ebraismo, ma anche l'induismo, lo shintoismo o il confucianesimo, non sono soltanto delle religioni nel senso cristiano o laico della parola, vale a dire una relazione personale con Dio, ma delle identità, delle leggi, delle comunità.

Questa idea che associa l'identità di un popolo e la sua tradizione perenne può aiutare gli Europei piuttosto scristianizzati di oggi, eredi di una cultura molto antica di laicità, sì, può aiutarli a ritrovare anche i loro forti legami identitari, al di là di una religione personale o della sua assenza. Quali legami? Innanzitutto quelli della loro tradizione precisamente, in grado di saldarli tra loro e di armarli moralmente per affrontare la minaccia abbastanza chiaramente tracciata della loro scomparsa nel nulla della grande miscelazione universale o della globalizzazione. Gli uomini esistono solo per ciò che li distingue, clan, discendenza, cultura, tradizione.

La tradizione europea, le cui origini sono anteriori al cristianesimo, come riconosciuto da papa Benedetto XVI a Ratisbona (il 12 settembre 2006), può meglio conciliarsi con le convinzioni religiose - o la loro assenza - come queste sono diventate in Europa una questione puramente privata. Che si sia cristiani, liberi pensatori o chissà che, l'importante per resistere e rinascere è senza dubbio issarsi al di là della contingenza politica o confessionale per ritrovare il permanente della tradizione (riflessione sviluppata, tra le altre, in Histoire et tradition des Européens, Le Rocher, 2002-2004; edizione italana: Dominique Venner, Storia e tradizione degli Europei: 30.000 anni d'identità, L'Arco e la Corte, 2019). Una tradizione tutta intera formulata nei nostri poemi fondativi da una trentina di secoli, ma che è stata mascherata con una memoria infranta.