Con la fortuna che hanno i nuovi slogan e le parole ripetute in modo mediaticamente infinito, fino a snaturarne il significato e a renderle spauracchi da agitare, oggi è tutto un fiorire di sovranismo e sovranisti. Difendi la tua casa, abitazione o nazione? Sovranista! Tieni alla pellaccia e alle tradizioni? Sovranista! Vuoi meno villaggio globale e più villaggio locale? Sovranista! Te ne freghi del mercato internazionale e ti curi del tuo popolo? Sovranista! Una volta si parlava dopotutto di disfattismo
(vedi Treccani) [der. di disfatto, part. pass. di disfare, per adattam. del fr. défaitisme, coniato (1915) dallo scrittore russo G. Alexinskij, come traduz. del russo poraženčestvo da lui stesso coniato sul v. porazit′ «colpire, danneggiare»] a indicare l'attività di chi con varî mezzi si adopera, in tempo di guerra, per la disfatta del proprio paese, anche col diffondere sfiducia e pessimismo sulle possibilità di vittoria. E in particolare, nel linguaggio giuridico, ecco il disfattismo politico, reato di chi diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possono destare pubblico allarme, deprimere lo spirito pubblico, o comunque nuocere agli interessi nazionali; disfattismo militare, reato di chi intende indurre il governo alla sospensione o alla cessazione delle ostilità, diffondendo notizie false, esagerate o tendenziose, denigrando la guerra, omettendo la consegna alle autorità di manifesti o altre cose diffuse dal nemico, o istigando i militari a disobbedire alle leggi; disfattismo economico, quello diretto a deprimere il corso dei cambî, o a influire sul mercato dei titoli o dei valori, pubblici o privati, in modo da esporre a pericolo la resistenza della nazione di fronte al nemico. Per estensione, il vocabolo va a significare l'opera di chi con voci allarmistiche o denigratorie e simili cerca di ostacolare l'azione del governo e delle autorità, la riuscita o il buon andamento di un'impresa, o comunque tenta di scalzare negli altri la fiducia in qualche cosa: il disfattismo nelle fabbriche; per esempio. In senso più soggettivo, è mancanza di fiducia, senso di pessimismo sistematico riguardo alle possibilità di riuscita di un'impresa o di un'iniziativa.
Meglio dunque sovranisti o disfattisti? A dire il vero, lo scontro in atto sembrerebbe più quello tra sovranisti e calabraghisti. Ma sorvoliamo. Vediamo invece che ne pensa il filosofo francese Alain de Benoist, intervistato dalla testata on line Breiz-info.com in occasione dell'uscita del suo libro Contre le liberalisme. La societé n’est pas un marché (ed. du Rocher)
Breizh-info.com. Lei pubblica un nuovo libro intitolato “Contro il liberalismo. La società non è un mercato”. Perché è importante sottolineare subito che è una critica all’ideologia liberale e non alla burocrazia o un attacco alla libertà di intraprendere, di circolare, d’agire, di pensare, di avere il libero arbitrio?
Alain de Benoist: “Chi mi conosce troverà difficile, penso, immaginare me stesso come un avversario del libero arbitrio o un difensore della burocrazia! Se mi sono preso la briga di spiegare, fin dall’inizio del libro, che dobbiamo prima attaccare i fondamenti teorici dell’ideologia liberale, è soprattutto perché questa non può essere attribuita a un singolo autore. Il “marxismo” è completamente uscito dalla mente di Marx, ma il liberalismo ha molti “padri fondatori”, che lo fanno apparire, per due secoli, sotto aspetti a volte molto diversi. La tradizionale distinzione tra liberalismo politico, liberalismo economico e liberalismo filosofico ha oscurato le cose piuttosto che chiarirle. Penso, come John Milbank, che il liberalismo sia innanzitutto un “errore antropologico”, in breve, che la sua concezione dell’uomo sia errata. Ora, è questa antropologia che si trova alla base di tutte le forme di liberalismo: l’idea di un uomo che non è naturalmente sociale e politico, ma che cerca costantemente di massimizzare il suo interesse privato, il dominio economico è quello in cui si suppone sia in grado di godere al meglio della sua libertà. L’uomo liberale è l’homo oeconomicus, un essere autosufficiente, il proprietario di se stesso, indifferente per natura a qualsiasi nozione di bene comune. Questo mi ha portato a identificare le due componenti fondamentali dell’antropologia liberale: l’individualismo e l’economia”.
Breizh-info.com. Lei dice che il liberalismo è l’ideologia della classe dominante. La difesa dell’ideologia liberale sarebbe paragonabile al conservatorismo borghese secondo lei?
Alain de Benoist: “L’ideologia dominante è sempre quella della classe dominante. Oggi, la classe dominante non è in alcun modo ridotta alla borghesia conservatrice. È una classe transnazionale, perfettamente sintonizzata sul capitalismo deterritorializzato, che vuole essere sia “efficiente” sia “progressista”. Funziona per trasformare il pianeta in un enorme mercato, ma allo stesso tempo aderisce all’ideologia dei diritti umani e all’ideologia del progresso. Questa classe si è gradualmente staccata dalle persone, con tutte le conseguenze che sappiamo. La borghesia, che è al contempo conservatrice e liberale, si aggrappa a una posizione insostenibile. In realtà, può affermarsi come liberale a spese del suo conservatorismo e può affermarsi come conservatore a spese del suo liberalismo. Fornisco nel mio libro alcuni esempi di questa incoerenza. Come si può pretendere di regolare l’immigrazione aderendo al principio liberale della libera circolazione di persone, capitali e beni? Come proibire l’uso di stupefacenti senza contravvenire all’idea liberale secondo cui ognuno dovrebbe essere lasciato completamente libero di fare ciò che vuole? Come difendere le identità dei popoli e delle culture se le vediamo, come i liberali, solo come semplici aggregati di singoli atomi? Come preservare i “valori tradizionali” quando il sistema capitalista si impegna ovunque per sopprimerli?”.
Breizh-info.com. In che modo il liberalismo è incompatibile con la democrazia partecipativa, quando si sposa perfettamente con la democrazia rappresentativa?
Alain de Benoist: “Da un punto di vista liberale, il vantaggio della democrazia rappresentativa è che sostituisce la sovranità parlamentare alla sovranità popolare: come Rousseau aveva visto, in questo sistema il popolo è l’unico sovrano il giorno del voto; il giorno dopo sono i rappresentanti che ha eletto a decidere. Il problema oggi è che la democrazia rappresentativa non rappresenta più nulla. Da qui la diffidenza diffusa verso un sistema oligarchico del tutto separato dalle aspirazioni popolari. Ma non bisogna ingannarsi: il liberalismo, nella misura in cui sostiene la sottomissione della politica alle forze impersonali del mercato, è in realtà ostile a qualsiasi forma di sovranità. Più esattamente, l’unica sovranità che riconosce è quella dell’individuo. Nazioni e popoli non esistono come tali. Come scrive il molto liberale Bertrand Lemennicier, la nazione è solo un “concetto senza contropartita nella realtà”. Ogni identità collettiva è quindi fantasia. L’individualismo metodologico, ostile a ogni forma di olismo, è quindi il solo mezzo per analizzare una società che Margaret Thatcher ha detto senza ridere che “non esiste”. Nella misura in cui la democrazia partecipativa aiuta a ridare il potere al popolo, così simile alla libertà degli Antichi che, in contrasto con quella dei Moderni, consisteva nel dare ai cittadini la possibilità di partecipare attivamente alla vita pubblica (e non perdere interesse a partecipare per rifugiarsi nel privato), può solo incontrare l’opposizione dei liberali”.
Breizh-info.com. Per riferirsi all’attualità, direbbe oggi che Emmanuel Macron è la figura perfetta dell’ideologia liberale? Per quali ragioni?
Alain de Benoist: “Diciamo che è una delle figure emblematiche. Sappiamo che sono stati gli ambienti finanziari a consentire a Macron di arrivare al potere e che, una volta eletto, è stato rapido a formare un governo la cui principale caratteristica era di associare i liberali di destra con i liberali di sinistra. Ciò ha almeno permesso di rilevare che, come ha detto e ripetuto Jean-Claude Michéa, il liberalismo economico di destra e il liberalismo sociale di sinistra non sono in definitiva che due forme derivate dalla stessa ideologia – e che si completano a vicenda. Ma ciò ha anche consentito di capire che la scissione destra-sinistra sta scomparendo per essere sostituita da un’altra, certamente più fondamentale: liberale e antiliberale. Durante tutto il XIX secolo, fino alla comparsa del socialismo, i conservatori erano i principali oppositori dei liberali. Torneremo ad esso”.
Breizh-info.com. Quali antidoti, quali alternative esistono, o restano da inventare, perché le nostre società trionfino su questo liberalismo?
Alain de Benoist: “Ovviamente non esiste una ricetta miracolosa. D’altra parte, c’è una situazione generale che evolve sempre più rapidamente e che ora mostra i limiti del sistema attuale, che si tratti del sistema politico della democrazia liberale o del sistema economico di una forma-capitale confrontata con l’immensa minaccia di una generale svalutazione del valore. Il futuro è locale, dei circuiti brevi, della rinascita delle comunità umane, della democrazia diretta, dell’abbandono dei valori esclusivamente mercantili. L’antidoto sarà stato scoperto quando i cittadini avranno scoperto che non sono solo dei consumatori, e che la vita può essere più bella quando si ripudia un mondo in cui nulla ha più valore, ma dove tutto ha un prezzo” (Traduzione di mt, intervista di Yann Vallerie)