"Ogni mattina un buon giornalista deve dare un dispiacere a qualcuno" (Benedetto Croce)

"L'inselvaggiamento"

Riprendiamo da Maurizio Blondet (qui):


Una estate da Arancia Meccanica ha vissuto la Francia nel silenzio dei media (ma lo stesso si può dire della Svezia, per non parlare degli Stati Uniti): caterve di aggressioni e di omicidi ultra-violenti e poco motivati, stupri collettivi, profanazione di chiese e cimiteri, innumerevoli atti di vandalismo, incendi – compiuti sistematicamente da “migranti” o di etnia non francese. Un fenomeno che viene chiamato “ensauvagement”, inselvaggimento del vivere sociale; termine adottato anche da un ministro degli Interni. Ma gli appelli dei cittadini allo Stato restano inascoltati. La polizia non interviene, le mani legate dai giudici. Sicché a Bordeaux, a Nantes, in località più piccole, i cittadini, esasperati dal degrado del loro ambiente quotidiano, hanno formato collettivi per farsi carico della propria sicurezza. Fra la condanna unanime dei media e dei politici al governo.

Il punto è capire se e quando questa “criminalità molecolare” diventa “guerra”, magari “ibrida”: lo dice Eric Werner, docente di filosofia a Ginevra dopo essersi laureato a Parigi, polemologo, ossia capace di “pensare la guerra”. Una distinzione intellettuale preliminare e chiarificante: se è guerra., i metodi da adottare sono diversi da quelli della polizia e della magistratura. E l’autodifesa è legittima. Werner ha scritto Légitimité de l’autodéfense : Quand peut-on prendre les armes ? – In cui si riconosce la specifica chiarezza di pensiero civile del soldato-cittadino elvetico, che ha l’arma di Stato nell’armadio , pronto alla chiamata, e con la precisa nozione che i diritti della libertà collettiva nascono dal dovere di difenderla.

“La criminalità, in sé, non è guerra. Lo diventa quando diventa mezzo della politica; ma allora lo diventa molto chiaramente. Ci si può chiedere se oggi non sia così”, dice Werner nell’intervista che gli ha fatto un blog studentesco.

E’ già così?

“La risposta è resa confusa dal fatto che proprio la questione se si è in pace o in guerra che, oggi, sembra superata. È per una semplice ragione, e cioè che tutto oggi è guerra. La guerra è diventata “Senza Limiti” (per usare il titolo del capitale trattato dei colonnelli Qiao Liang e Wang Xiangsui, Guerra senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione). Non c’è quindi più dubbio se si è in pace o in guerra. Perché a priori siamo in guerra. Questo è particolarmente vero all’interno”.

A questo punto va ricordato che nel 1998, Werner aveva pubblicato “L’avant-guerre civile – Le chaos sauvera-t-il le Système?”dove descriveva con anni di anticipo le conseguenze del crollo dell’URSS. Una volta sparito il Grande Nemico, cosa avrebbe fatto il sistema di potere occidentale per legittimarsi? Reinventarsi un nemico, prendendolo se occorre dal proprio pollaio. “Il potere incoraggia il disordine, addirittura lo sovvenziona, ma non per sé; lo sovvenziona per l’ordine di cui è il fondamento, al cui mantenimento contribuisce. Ordine attraverso il disordine, questa è la formula”: governare con la paura ed il caos si dimostra estremamente efficace, come prova la dittatura terapeutica in corso. I jihadisti francesi che coi loro attentati hanno insanguinato la Francia (la cui dirigenza li aveva formati e mandati in Siria) sono lì a dimostrarlo.

Il punto è che oggi, contrariamente a 20 anni fa, Werner non è più sicuro che il potere ci voglia mantenere nello stato di “avant-guerre civile”. Che punti alla guerra civile vera e propria.

“Lo Stato sembra non prendere la misura la gravità della situazione, si dice. Al contrario, l’ha capito benissimo, poiché lui stesso è all’origine di questo stato di cose, se non altro per avergli permesso di svilupparsi come lui. Certo è che non ha fatto nulla per impedirne o anche solo frenarne l’instaurazione – mediante un migliore controllo delle frontiere, ad esempio, o garantendo che teppisti, violentatori e delinquenti siano soggetti alle sanzioni previste dalla legge: che, come sappiamo, non è mai il caso.

“Quanto al patto sociale tra lo Stato e i suoi cittadini, non esiste più da molto tempo alcun patto: lo Stato ha da tempo cessato di proteggere i propri cittadini. Ma questo non è solo il caso della Francia: è anche il caso di molti altri paesi europei”. Il potere non a caso è sovrannazionale e detta le regole.

“Personalmente, non sono un anarchico. Riconosco pienamente l’utilità dello Stato e la sua necessità. Ma non lo considero “amico a prescindere”. Lo è solo se si comporta secondo il patto sociale, che lo obbliga a tutelare il cittadino. Altrimenti no, non lo è. Lo è ancora meno quando mi attacca, come sempre di più oggi. Allora è mio nemico e, che gli piaccia o no, prendo tutte le misure che ritengo utili e necessarie per proteggermi da lui”.

“Si potrebbe anche dire che lo Stato è oggi il nemico prioritario. Non è l’unico nemico: ce ne sono molti altri. Ma è il nemico prioritario. Se prima non lo escludiamo, non escluderemo nemmeno gli altri, se non altro perché è loro alleato e li protegge “legalmente” ”.

Il governo Macronista sbaglierebbe a non ascoltare queste riflessioni che si stanno espandendo in un popolo che ha rivoluzioni, insurrezioni e jacqueries nella sua esperienza storica.

Tanto più che un ufficiale superiore della Gendarmeria (ovviamente anonimo), l’8 settembre, ha postato su un sito molto seguito una denuncia contro “la deriva estremamente grave riguardo alla democrazia delle istituzioni di polizia di paesi apparentemente democratici. Dove lo Stato le strumentalizza “usandole per aggredire i cittadini onesti risparmiando teppisti meno docili”.

Ora, aggiunge il dirigente della polizia, “con l’inizio dell’anno scolastico, si presenta un mondo inverosimile, con un controllo delle maschere da parte di uomini muniti di armi da guerra davanti alle scuole, che traumatizzano bambini e genitori e con minacce di multe di 270 € se negli autobus scolastici la maschera non è usata nel modo corretto o la cintura di sicurezza non è allacciata.“

“Nell’attuale crisi, in cui sono seriamente messe in discussione le libertà, tra cui quella di respirare normalmente, il principio stesso della vita, dall’obbligo di indossare una maschera la cui inefficacia tutti gli studi dimostrano contro un virus le polizie sono usate contro le persone. L’azione della Polizia e della Gendarmeria sulla pubblica strada legittimamente contestabile, perché martirizza la popolazione innocente vittima di questa crisi – e gradiremmo che lo stesso ardore fosse posto nella ricerca dell’origine del male, dei suoi autori, collaboratori, finanzieri…”.

Qualcosa dice che in Francia la misura è colma. (Il lettore avvertito ricorderà ciò che disse il veggente bavarese di Parigi: la città sarà distrutta dalla sua popolazione).

Invece, “In Italia le cose vanno selvaggiamente”. Il selvaggio non è il primitivo; è il degenerato, e decaduto da una civiltà superiore, di cui non ha saputo – o voluto – fare la manutenzione. Una “influencer” ha decretato che il delitto di Colleferro deriva dalla “cultura fascista”. L’errore sta nella parola “cultura”. E’ invece la teppaglia degradata che vive di discoteche, di estetica da discoteche (tatuaggi e palestrati, donne “seduttive”, vuoto mentale, fatti e strafatti) alla quale l’influencer partecipa non meno dei teppisti assassini. Le opposte tifoserie che si sono immediatamente formate attorno al vile fatto di sangue, rivelano lo stesso scadimento dal livello di civiltà minimo per vivere all’altezza dei tempi: gli “antifascisti” del web insultano e minacciano fisicamente gli avvocati difensori dei teppisti omicidi, dimostrando di voler anch’essi la giustizia sommaria, il linciaggio. E peggio: l’ignoranza del più elementare principio del diritto, che dovrebbe essere nozione comune fin dei bambini.

Da qui comincia per l’Italia la tragedia – che non può essere guerra civile, per insufficienza culturale, mentale e civile di tutti; sarà una rissa da discoteca, come ne accadono ogni notte fra strafatti ubriachi, ma allargata all’intero territorio nazionale. L’inselvaggiamento all’italiana come voluttuosa discesa nello stato di bestie, dimentiche di ogni cultura.